I dati statistici indicano una difficoltà nel mercato del lavoro maggiore per i ventenni che per i quaranta-cinquantenni – Che cosa può ostacolare la rioccupazione di un lavoratore maturo
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Intervista pubblicata sul settimanale Elle, 30 giugno 2020 – In argomento v. anche la presentazione di Elsa Fornero I sessantenni che lavorano non tolgono lavoro ai giovani.
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Cassa integrazione e blocco dei licenziamenti non possono durare in eterno. Professor Ichino, se al momento della loro cessazione ci sarà un’ondata di licenziamenti, potrebbe presentarsi un problema specifico dei lavoratori 50enni, troppo giovani per andare in pensione, troppo vecchi per essere riassunti?
Troppo vecchi per essere riassunti, proprio no. I dati statistici indicano semmai una maggiore difficoltà per i ventenni. Perché il quaranta-cinquantenne, invece, per lo più ha una storia professionale alle spalle, che gli consente di mostrare quello che sa effettivamente fare, la sua affidabilità, la sua esperienza, la sua memoria storica.
Ma allora perché tanti, in questa fascia di età, quando perdono il posto si sentono in grave difficoltà?
Perché in molti casi si attendono di trovare subito lo stesso trattamento di prima: occorre invece mettere in conto una perdita di reddito, nella transizione, che normalmente viene recuperata in un arco di un tempo relativamente breve. Il problema vero, nel nostro Paese, è comunque l’assenza di servizi efficienti per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro.
Qual è il primo provvedimento che consiglierebbe al governo per superare questo difetto?
Stiamo stanziando decine di miliardi per le “politiche passive” del lavoro, cioè il sostegno del reddito a chi ha perso il lavoro. È doveroso. Ma perché non si investe neppure un euro sulle “politiche attive”, cioè sui servizi di informazione, di orientamento professionale, di formazione mirata agli sbocchi occupazionali effettivi?
Come si riqualifica al meglio un lavoratore di 50 anni che ha ancora almeno vent’anni di vita professionale davanti?
Subito prima della pandemia, in Italia Anpal e Unioncamere censivano più di un milione di posti di lavoro qualificato o specializzato permanentemente scoperti per mancanza di persone adatte a occuparli. Chiunque cerchi un lavoro dovrebbe essere posto in condizione di individuare quello a cui è più “vicino” e di acquisire la formazione necessaria per potervisi candidare.
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