Per i giovani cui il direttore della Rivista Giuseppe Pera affidava l’annotazione delle sentenze, Costanza è stata un punto di riferimento prezioso quando occorreva superare qualche difficoltà redazionale, ma anche maestra di scrittura, sempre con una attenzione quasi materna alle loro vicende personali
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Due brani, rispettivamente dalla lettera di Costanza a Elvira, moglie di Giuseppe Pera, del 2 febbraio 2008, e dalla sua lettera a Giulia del 18 settembre 2010, sul lavoro per la Rivista italiana di diritto del lavoro (nella seconda, in particolare, Costanza spiega da dove è nata la sua scelta di abbandonare il lavoro di ricercatrice all’università di Bergamo, per dedicarsi alla Rivista) – Segue una piccola antologia delle lettere di collaboratori ed ex-collaboratori della Rivista, maggio 2020 – Gli altri scritti e documenti relativi alla vita di Costanza Ichino Rossi sono reperibili nella pagina web a lei dedicata
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Estratto da una lettera di Costanza a Elvira Pera, 2 febbraio 2008
Carissima Elvira,
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Nel quotidiano lavoro per la rivista sento sempre presente e vivo Giuseppe, con la sua acuta e lucida intelligenza, con la sua bontà e umanità, con la sua profonda conoscenza della storia e del cuore degli uomini… Che dono è stato averlo come amico, e poter lavorare anch’io alla “rivista del babbo”, come giustamente l’ha chiamata Pia! […]
tua Costanza
Estratto da una lettera di Costanza a sua figlia Giulia, 18 settembre 2010
Carissima Giulia,
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A un certo punto, ho capito in modo chiaro e netto che “non posso, non possiamo, non vogliamo più andare avanti così”. Era l’82. Ho deciso, ho scelto, di iniziare il percorso dell’analisi, che a me allora appariva come la via migliore per ripartire (per la mia formazione e per l’epoca, non ne ho pensato un altro), per capire. Non è stato per nulla facile. Un po’ come tuffarsi in un fiume torbido e impetuoso. L’ho fatto quasi contro me stessa. Vincendo paura e vergogna – la vergogna di mettermi a nudo, la paura di essere trascinata dove non sapevo o non volevo. Sono riuscita a cambiare cose molto importanti del mio rapporto con me stessa, con la mia vita. Ho lasciato Bergamo. Ho iniziato a costruirmi un nuovo lavoro, all’inizio con una forte autosvalutazione, poi pian piano acquistando sicurezza e traendone gioia. Quello è stato il mio vero lavoro. Ho trovato la serenità interiore che non avevo mai avuto, neanche da piccola né da ragazzina, che avevo invano cercato nel solo rapporto con papà.
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Lettera di Stefania Brun, professoressa di diritto del lavoro nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trento – 11 maggio 2020
Gentilissimo Professore,
dopo qualche esitazione, mi sono convinta a scriverLe due righe, in punta di penna, per manifestarLe la mia sincera vicinanza umana per la Sua dolorosa perdita.
Lo faccio, pur sapendo che forse non si ricorderà di me (ma non è questo quello che conta) perché ricordo con profonda nostalgia (lo dico sinceramente) una bellissima e-mail che Lei mi inviò nel lontano 2005, in seguito a due note relative alla Cassazione francese che scrissi per la Rivista Italiana e che fu per me motivo di grande soddisfazione vista la statura di chi la scriveva.
Inoltre – ed anzi, soprattutto, visto il motivo di questa mia – ricordo ancora nitidamente un’altra e-mail, scrittami da Sua moglie Costanza, nel 2006, dopo la nascita del mio bambino (Tommaso): ricordo la preziosissima umanità e il profondo calore che mi trasmetteste, pur non conoscendomi, nel momento più importante della mia vita.
Sua moglie, visto che Tommaso era nato molto piccolo, mi scrisse che pure una delle Vostre figlie era nata piccolina, rendendo quel messaggio pieno di una condivisione che trovai rarissima quanto profondamente sincera.
Sono cose piccole, eppure così incommensurabilmente preziose, che non si dimenticano, mi creda.
Quando ieri sera ho saputo, ho provato l’impulso di scriverLe, senza che c’entri in questa mia mail – vista la mia natura – l’accademia o quant’altro.
Conta solo il ricordo che ho di Sua moglie: perché dalle piccole cose si capiscono le grandi e pur non avendoLa conosciuta di persona (purtroppo) ne ho colto l’animo gentile e la straordinaria umiltà.
Un carissimo saluto,
Stefania
Lettera di Matteo Borzaga, professore di diritto del lavoro nell’Università di Trento, 12 maggio 2020
Caro Professore,
anch’io, quando ho mosso i primi passi, ho avuto la possibilità di interagire con Sua moglie, che mi ricordo mi aiutò moltissimo proprio nella fase di “taglio” del mio primo saggio. Ho pensato molte volte a quegli scambi di email in questi giorni e ci tenevo ad esprimerLe il mio cordoglio e la mia vicinanza.
Un caro saluto da Trento.
Matteo Borzaga
Lettera di Pietro Curzio, Presidente della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, 12 maggio 2020
Carissimo Pietro,
anche io mi associo ai tanti che ti sono vicini in questo triste, terribile momento.
Come forse sai, da qualche settimana sono tornato alla sezione lavoro e quindi potrò dedicarmi integralmente al mio antico amore per il diritto del lavoro. Una disciplina che deve molto all’opera silenziosa ed assidua della tua compagna di vita.
Un forte abbraccio
Piero
Lettera di Antonella Occhino, professoressa di diritto del lavoro nell’Università Cattolica di Milano – 19 maggio 2020
Carissimo Pietro,
Ti scrivo ancora commossa per la perdita di Costanza. Costanza era una mater familias per i giovani che scrivevano le note a sentenza, e non solo, per la Rivista italiana.
Si passava col tagliando della cartolina di Giuseppe Pera e rianimati dal nulla osta si planava nelle mani della dott.ssa Costanza Rossi, che ogni problema, se ve ne fossero, avrebbe risolto.
Un sorriso dolce, una bellissima signora, come l’ho rivista in qualche occasione anche festosa, una simpatia innata, la sua semplicità e chiarezza.
Questi i ricordi, lontani ma vivissimi.
Questa la mia personale gratitudine ad una donna che ha coltivato gli affetti e con affetto il lavoro, e nel lavoro l’affetto per i giovani, chè noi lo sentivamo tale, e lo era, ne sono certa.
Ora un forte abbraccio a te e alle ragazze, anche avendo letto alcune Tue parole struggenti e dolcissime che ancor più ce la restituiscono luminosa nel ricordo.
E per Costanza, da me, anche una preghiera affettuosa.
Antonella
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