Dobbiamo chiederci quali e quanto più gravi sarebbero stati i disastri conseguenti per i greci dalla scelta di uscire dalla UE. Loro lo capirono appena misero il naso oltre il ciglio del burrone; e cambiarono strada appena in tempo
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Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 523, 29 maggio 2020, a seguito della discussione sui rapporti tra la Grecia e la UE che ho avuto con Fausto Bertinotti a Stasera Italia il 27 maggio scorso e della tempesta di invettive che mi si è scatenata contro su Twitter – In argomento v. anche, su questo sito, il mio editoriale telegrafico del 6 luglio 2015, In Grecia ieri la scelta non è stata tra destra e sinistra; inoltre Grecia: il discorso di Verhofstadt al popolo greco dell’8 luglio 2015.
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Il 27 maggio scorso a Stasera Italia, su Rete 4, ho detto che nel luglio 2015 fu la Grecia a scegliere, democraticamente e a ragion veduta, di rimanere nella UE; e che fece la scelta giusta. Ne è seguita una valanga di invettive sui social media, con l’accusa di falsificare i fatti. Vediamo dunque i fatti.
5 luglio 2015 – In Grecia un referendum (necessariamente consultivo) boccia il piano proposto da UE e FMI per il salvataggio dello Stato dalla bancarotta.
7-10 luglio 2015 – Il Governo Tsipras avvia una rinegoziazione del piano con la UE, che porta a qualche modifica di modesta entità.
15 luglio 2015 – Il Parlamento greco vota a favore del nuovo piano. Il ministro dell’Economia Varoufakis si dimette. Nello stesso Parlamento si forma una nuova maggioranza a sostegno del Governo Tsipras sulla nuova linea.
In questa vicenda tutti hanno commesso degli errori, anche gravi. A cominciare dalla Grecia (con la falsificazione dei propri bilanci); poi ne ha commessi, certo, anche la UE, con alcune misure punitive. Resta il fatto, però, che ciononostante la Grecia ha scelto di rimanere nella UE e nel sistema dell’Euro, perché si è resa conto della catastrofe molto peggiore che sarebbe derivata dall’uscirne. E non è affatto antidemocratico che una scelta complessa come questa, in materia di rapporti internazionali e di politica fiscale, sia affidata al Parlamento, non vincolato da un referendum consultivo (in Italia un referendum su questa materia sarebbe addirittura vietato dalla Costituzione). L’unico modo democratico di compiere quella scelta o la scelta opposta, anche in Grecia, era un voto del Parlamento.
I detrattori di questa scelta parlano solo dei sacrifici che la Grecia ha dovuto accettare per rimanere nella UE. Nessuno di loro si chiede quali e quanto più gravi sarebbero stati i disastri economici e sociali conseguenti alla scelta opposta. Né si chiede quale sarebbero la situazione e le prospettive attuali della Grecia, se essa ora fosse isolata dalla UE e dal sistema dell’euro.
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