In nome della riservatezza impediamo al SSN di disporre per la lotta al contagio di quegli stessi dati rilevati mediante gps, che forniamo quotidianamente alle grandi multinazionali della Information Technology
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 521, 4 maggio 2020 – In argomento v. anche l’articolo di Elena Tebano Come la nostra paura per la privacy ha prodotto una app inutile – Tutti gli altri articoli, interviste e interventi sul tema della pandemia pubblicati su questo sito sono raccolti nel portale La politica, l’economia, il lavoro (e qualcos’altro) all’epoca della pandemia
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L’interpretazione distorta e l’abuso della tutela della privacy, nel nostro Paese, hanno prodotto da tempo gravi danni: privando i ricercatori della disponibilità di dati – anche anonimizzati! – indispensabili per una migliore conoscenza del funzionamento delle amministrazioni, impedendo la conoscibilità delle valutazioni espresse dagli organi competenti o dagli utenti circa la prestazione di dipendenti pubblici, ostacolando e depotenziando l’utilizzo dei test standardizzati nelle scuole, e così via. Ma questa volta la distorsione è più clamorosa e il danno più grave. Si dà il caso che, ai tecnici incaricati di predisporre l’applicazione per il “tracciamento” dei contagi da covid-19, che ci verrà proposto di caricare sui nostri cellulari, il Governo abbia dato disposizione di escludere il collegamento con il gps, cioè il sistema di geolocalizzazione satellitare, felicemente utilizzato invece dall’applicazione adottata dal Governo sud-coreano e ora anche da quello norvegese. In questo modo l’applicazione italiana consentirà (forse) di individuare i casi di contagio, ma non sarà in grado di indicare dove questo si è verificato. In nome della tutela della privacy, ovviamente. Tutti i dati elaborati dall’applicazione – beninteso – sono comunque anonimizzati; e solo per decisione della singola persona interessata, eventualmente contagiata, l’applicazione può consentire, attraverso lo studio dei suoi movimenti e incontri nei giorni precedenti, di “tracciare” il percorso del virus; ma ai sacerdoti nostrani della religione della privacy questo non basta: non fia mai che il Servizio Sanitario Nazionale possa disporre di questi dati, per quanto anonimi. Non li sfiora l’idea che, usando il gps sui nostri cellulari, quei dati li forniamo quotidianamente a Google, Apple e altri grandi gestori di servizi IT. Loro possono averli e lavorarci sopra per affinare la conoscenza dei nostri movimenti; il SSN, per aiutarci a difenderci dal contagio, no. Pazienza se così, qui da noi, l’applicazione anti-covid servirà a poco o nulla.
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