Salvare vite umane senza una perdita eccessiva di benessere economico è possibile con una strategia che combini efficientemente il rientro in attività dei lavoratori in funzione della loro età e della rischiosità dei settori in cui operano
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Articolo di Carlo Favero, Andrea Ichino e Aldo Rustichini, pubblicato nella sua versione integrale in inglese sul sito SSRN e riassunto in italiano sul sito del Corriere della Sera il 22 aprile 2020 – In argomento v. anche, degli stessi autori, Perché così tanti morti da Covid-19 in Lombardia? .
Salvare vite umane senza una perdita eccessiva di benessere economico è possibile con una strategia per la fase 2 che combini efficientemente il rientro in attività dei lavoratori in funzione della loro età e della rischiosità dei settori in cui operano. Possiamo fare questa affermazione sulla base di un modello di simulazione i cui risultati sono scaricabili da https://ssrn.com/abstract=3580626.
L’ossatura del modello è quella illustrata da Paolo Giordano sulle pagine del Corriere (il modello SEIR), che fa dipendere la diffusione del virus dal parametro R0. L’opinione pubblica è stata sommersa da simulazioni di questo modello, ma mancano versioni che valutino le strategie della Fase 2 e al tempo stesso tengano conto di alcune integrazioni essenziali per poter credere ai risultati.
Il nostro modello include un vincolo rappresentato dalla disponibilità di posti in terapia intensiva (TI), fondamentale per capire l’evoluzione della letalità di questo virus. Inoltre impone che R0 sia una media pesata di molteplici parametri R0 (19X19 per ogni strategia della Fase 2, nelle nostre simulazioni) corrispondenti a interazioni tra gruppi di persone che differiscono per età, partecipazione alla forza lavoro e settore, più o meno rischioso, di occupazione. Infine abbiamo aggiunto una funzione di produzione che valuta la perdita di PIL dovuta alla riduzione di occupati nelle diverse opzioni per la Fase 2.
Ci siamo focalizzati su due regioni emblematiche, Lombardia e Veneto, che hanno sperimentato evoluzioni molto diverse del Covid-19. Mentre la Lombardia, con una popolazione di 10 milioni di persone ha avuto, al 19 aprile 2020, almeno 12213 morti per questa malattia, il Veneto (4.9 ml. di abitanti) ne ha avuti 1087. Una differenza che troviamo replicata in altre aree del mondo, dicotomicamente divise tra quelle colpite in modo drammatico e quelle colpite invece blandamente. La Figura 1 mostra che il nostro modello, calibrato per le caratteristiche di queste regioni, replica fedelmente l’evoluzione osservata dei decessi per Covid-19, ed è quindi utile per valutare le strategie della Fase 2 attualmente in discussione per l’intero paese, previa un’opportuna calibrazione.
Ne consideriamo cinque tipi. 1) Prolungamento del lockdown, in cui circa il 60% della popolazione attiva lavora, così come stimato dalla Banca d’Italia (BDI); 2) Ripresa completa della produzione nei settori a basso rischio, mentre in quelli ad alto rischio lavora solo il minimo essenziale stimato dalla BDI (60%, che include sanità e scuola). 3) Tutti i lavoratori con meno di 50 anni tornano al lavoro in ogni settore, mentre solo il 60% dei più anziani strettamente necessari (BDI) continua l’attività; 4) Strategie miste che integrano il criterio basato sui settori e quello basato sulla età; 5) Ritorno ai livelli di attività pre-lockdown, ma con protezioni per limitare il rischio di infezioni.
In tutte queste opzioni, assumiamo che lo smart working da casa continui per tutti quelli che possono farlo, che le scuole riaprano almeno con gli insegnanti più giovani (una esigenza assolutamente prioritaria) e che le attività ricreative all’aperto a basso rischio di infezione possano riprendere.
I principali risultati sono illustrati nella Figura 2, e si riferiscono a un periodo di un anno a partire dal 4 maggio 2020. Ogni punto sulle linee rappresenta una strategia associata a una perdita di vite umane in rapporto alla popolazione (asse verticale) e a una perdita di PIL (asse orizzontale). Le linee descrivono le frontiere delle strategie efficienti, ossia quelle che minimizzano i decessi per perdita di PIL o viceversa: non sono possibili strategie che raggiungano livelli di fatalità e di perdita di PIL al di sotto della frontiera di ciascuna regione.
Il primo risultato, apparentemente sorprendente, è che per data perdita di PIL il numero minimo raggiungibile di fatalità per milione di abitanti è sempre maggiore in Veneto (frontiera blu più alta) che in Lombardia (frontiera rossa più bassa). Il motivo è che il Veneto ha circa 500 posti in terapia intensiva su 4.9 ml. di abitanti, mentre in Lombardia sono tre volte di più rispetto ad una popolazione che è circa il doppio. Paradossalmente, dopo aver sofferto così tanto nella fase iniziale della pandemia, grazie ai nuovi reparti per malati gravi di cui la Lombardia ora dispone, e che si stanno svuotando, questa regione avrà vita più facile nella Fase 2.
Come prevedibile, la riapertura totale riduce al minimo la perdita economica, ma causa oltre 40.000 morti in Lombardia e circa 36.000 in Veneto nei 365 giorni successivi al 4 maggio. Esistono però varie strategie miste (per età e per settore) che consentono di ridurre notevolmente i decessi, portandoli a circa 5000 in entrambe le regioni (senza violare il vincolo TI) e contenendo la perdita di PIL al di sotto della soglia del 10% circa. Cercare invece di limitare ulteriormente i decessi imporrebbe perdite di PIL notevolmente superiori, fino all’estremo, insostenibile, di una caduta pari al 25% nel caso di prolungamento del lockdown.
Spetta al Governo scegliere tra queste politiche efficienti quella preferita a seconda del peso dato, nella funzione di benessere sociale, allo Scilla dei decessi e al Cariddi della perdita di PIL. Ma la buona notizia è che sono possibili strategie per la Fase 2 (meglio descritte nel nostro articolo scientifico e in un precedente intervento su Corriere Economia) che consentono di limitare considerevolmente la perdita di vite umane e di benessere sociale. Caratteristica imprescindibile di queste strategie è che devono tenere conto delle differenze di rischiosità del virus in funzione dell’età.
Un’altra notizia positiva è che il parametro R0 medio corrispondente a tutte queste strategie, tranne la (5), è di poco inferiore a 1. Solo il ritorno ai livelli di attività pre-lockdown avrebbe un parametro R0 maggiore di 1 e infatti le nostre stime dicono che se adottassimo questa strategia sicuramente andremmo incontro a una seconda esplosione della diffusione del virus nei mesi successivi al 4 maggio. Con tutte le altre strategie, se sapremo applicarle bene, è possibile mantenere R0 sotto il valore di 1, frenando così la diffusione del virus. La contropartita di questo risultato però è che dopo un anno, al 4 maggio 2021, saremo ancora molto lontani dalla immunità di gruppo che ci consentirebbe di liberarci completamente dal virus. Ma per allora possiamo sperare che l’arrivo del vaccino o di una cura sia alle porte.
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FIGURA 1: Decessi totali osservati e simulati dal modello.
Nota: La Figura illustra, rispettivamente per Lombardia e Veneto, il numero di decessi simulato dal modello e quello effettivamente osservato secondo i dati della Protezione Civile. La barra verticale identifica la data di inizio del lockdown nei due grafici. Le serie simulate sono generate dal modello SEIR-HC-SEC-AGE. Le serie osservate sono state scaricate dal link https://github.com/pcm-dpc/COVID-19 .
FIGURA 2: La frontiera delle politiche efficienti in Lombardia e Veneto
Nota: Ogni punto di questa figura illustra la perdita di PIL ed il numero di decessi in rapporto alla popolazione nel periodo 4 maggio 2020-3 maggio 2021, associati alle politiche efficienti per la Fase 2, ossia quelle che minimizzano la perdita di GDP per ogni dato livello di decessi e viceversa. Sono indicate con caratteri speciali le cinque politiche rappresentative descritte nell’articolo: 1 = LOCKDOWN; 2= SEC; 3 = ETÀ; 4 = ETÀ-SET; 5 = TUTTI.
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