Ora ci accorgiamo all’improvviso di quanto fosse fragile il sistema globale che avevamo costruito – Ma ricostruiremo ciò che il virus sta distruggendo, perché il nostro mondo vive nelle nostre menti prima che nella realtà materiale
Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 517, 9 marzo 2020 – In argomento v. anche Quando il virus si rivela più efficace dei terroristi
Il timore espresso nell’editoriale telegrafico di due settimane fa si è rivelato inferiore a ciò che ci attendeva: le misure contro il contagio stanno rialzando barriere che erano state abbattute non decenni, ma secoli fa. In poche settimane non solo noi italiani, ma il mondo intero sta facendo a ritroso tutto il cammino compiuto nell’era moderna sul terreno della libertà di circolazione delle persone e delle merci. Oggi, però, i no-global e i fautori dell’economia “a chilometro zero” non esultano. Perché si accorgono anche loro di quanto la vita sia immiserita dall’improvviso rattrappimento degli orizzonti, prima ancora che dall’infarto del sistema economico. Ora proviamo tutti una nostalgia struggente del tempo in cui si poteva decidere dall’oggi al domani di partire per Singapore o New York, o anche soltanto per Londra o Parigi, si potevano liberamente vendere i nostri prodotti e servizi a Rio de Janeiro, o acquistarne da Seul. Ora tutti abbiamo la percezione precisa del valore enorme del progresso compiuto fino a ieri e di colpo azzerato. Ma, al tempo stesso, ora tutti ci rendiamo conto all’improvviso di quanto fosse fragile il sistema globale che avevamo costruito: è bastato il virus portato da un pipistrello per mandarlo in frantumi in meno di un mese. Quando leggevamo le pagine di Jared Diamond (Guns,Germs and Steel, Vintage, 1997) sul ruolo decisivo dei germi nella storia dell’umanità, pensavamo che fosse storia di un passato lontano; e invece ora stiamo assistendo in diretta a una manifestazione del loro potere sul terreno economico e politico. Una cosa è certa: come è avvenuto dopo tutte le catastrofi, anche questa volta riemergeremo dalle macerie e ricostruiremo le nostre città, le nostre economie, le nostre istituzioni nazionali e soprattutto sovranazionali. Perché esse esistono nella nostra cultura, nelle nostre menti, prima e più che nelle strutture materiali esposte ai cataclismi. Ci incoraggi la consapevolezza che risorgeranno irrobustite da anticorpi nuovi. E non solo contro il coronavirus.