Se contiamo anche i Consigli regionali, oggi siamo il Paese con il maggior numero di membri di assemblee legislative – Inoltre, ho il timore che da una terza bocciatura consecutiva, dopo quelle del 2006 e del 2016, il Parlamento come istituzione rappresentativa uscirebbe delegittimato in modo preoccupante
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Lettera pervenuta il 26 febbraio 2020 – Segue, a mo’ di risposta, l’intervista a Carlo Fusaro, professore di diritto pubblico comparato nell’Università di Firenze, pubblicata il 29 febbraio 2020 sul sito QuiAntella – In argomento v. anche il mio editoriale del 9 ottobre 2019, Riduzione dei parlamentari: perché tanto scandalo? .
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Buongiorno professor Ichino, ho letto il suo intervento di commento sul taglio dei parlamentari, ma vorrei chiederle, se è possibile, un intervento più tecnico e approfondito, che, prescindendo dalla matrice ideologica delle proposte, esaminasse le conseguenze pratiche e le eventuali distorsioni nella rappresentanza di questo taglio.
Io sarei orientata a votare per il NO, ma né i giornali né le televisioni si stanno occupando di questo argomento, e non vorrei votare per “simpatia” o “antipatia” nei confronti dei promotori. Il tema è molto presente nei gruppi social delle Sardine, ai quali anch’io appartengo, ma diventa molto faticoso seguire tutte le discussioni e francamente molti commenti sono inutili o decisamente ideologici. Mi rivolgo a lei perché la seguo da molto tempo e trovo i suoi interventi molto chiari e centrati.
La ringrazio dell’attenzione
Chiara Liotta
Rispondo alla opportuna sollecitazione di C.L. riportando qui di seguito l’intervista del prof. Carlo Fusaro ripresa dal sito QuiAntella, della quale condivido interamente il contenuto. In particolare, condivido il contenuto dell’ultima risposta: il mio timore è che, dopo le bocciature del 2006 e del 2016, da una terza bocciatura consecutiva possa derivare una delegittimazione del Parlamento come istituzione rappresentativa (per la terza volta il referendum cancellerebbe una legge costituzionale approvata per due volte, a maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, da ciascuna delle Camere). Aggiungo solo che l’esperienza delle tre legislature nelle quali sono stato parlamentare mi hanno convinto che, soprattutto alla Camera (foto qui sopra a sinistra), la riduzione di un terzo dei parlamentari gioverebbe alla qualità del dibattito politico. (p.i.)
Le operazioni di voto si svolgeranno domenica 29 marzo 2020, dalle ore 07:00 alle ore 23:00. Lo scrutinio avrà inizio subito dopo la chiusura dei seggi.
Per conoscere qualcosa di più su questo referendum, QuiAntella si è rivolta al professor Carlo Fusaro, ordinario di diritto pubblico comparato a riposo; uno dei massimi esperti di riforme costituzionali ed elettorali, di alcune delle quali è stato anche promotore.
Professor Fusaro, per cosa si vota esattamente?
Gli elettori devono decidere se approvare (= SÌ) o bocciare (= NO) la riduzione, già votata dal Parlamento, dei parlamentari italiani da 945 a 600 (Camera da 630 a 400; Senato da 315 a 200).
Occorre un quorum affinché il risultato del referendum sia valido?
Non c’è quorum. Decide chi va a votare.
Quanti precedenti ci sono stati in Italia di referendum confermativo?
Tre. Nel 2001 (vinse il sì). Nel 2006 (vinse il no). Nel 2016 (vinse il no).
Cosa accade se prevale il sì, ovvero la conferma della modifica costituzionale, e quando entra in vigore?
Entra in vigore subito. Accade che alle prossime elezioni, quando esse saranno, si eleggerà una Camera dei deputati da 400 componenti e un Senato da 200 componenti (più i 5 senatori a vita).
Cosa accade se prevale il no alla conferma della legge?
Tutto resta come oggi. I deputati restano 630 e i senatori elettivi 315. E chissà se e quando se ne riparlerà!
È vero che il taglio dei parlamentari dà un risparmio, in termini economici, modestissimo?
Dipende da cosa si intende per modestissimo. E la misura dipende da cosa si calcola: il risparmio immediato o quello a regime, dopo un certo numero di anni. Quello a regime è poco meno che proporzionale alla riduzione (che è di 1/3), e le Camere costano oggi circa 1,4 mld. Quello immediato è assai più basso. Mi spiego: i dipendenti quelli restano, i pensionati quelli restano… per ora.
È vero che con il taglio dei parlamentari i territori avranno meno rappresentanza?
È chiaro che se prima eleggevamo in Toscana mettiamo 18 senatori e ora ne eleggiamo 12 (i dati sono esatti), se prima ne eleggevamo 7 in altrettanti collegi uninominali (dove un solo candidato è eletto) e 11 in circoscrizioni proporzionali, dopo saranno 4 e 8 (per esempio: è un’ipotesi), è più facile che alcune province non esprimano nessuno (Firenze fa comunque la parte del leone). Ma già adesso ci sono province e città che non eleggono un proprio senatore. E poi se quella è la priorità, allora non c’è che distribuire i senatori (e i deputati) in collegi uninominali almeno uno per provincia. Questo però farebbe a pugni con la proporzionale. Non si può avere matematicamente tutt’e due le cose. Come pure non si può avere meno parlamentari e più eletti “nei territori” (espressione di moda quanto approssimativa).
È vero che con il taglio dei parlamentari il lavoro di Camera e Senato sarà più snello?
Sicuramente sì. Esempio: saranno meno quelli che fanno proposte, interrogazioni, che devono parlare e intervenire. Le commissioni avranno al Senato 15-20 componenti e alla camera 30-35 (dipende dal numero delle Commissioni) e quindi si ragionerà meglio e le votazioni saranno più rapide e semplici. In aula cambia meno.
È vero che con il taglio dei parlamentari avremo meno rappresentanti in rapporto al numero di abitanti, rispetto a molti Paesi esteri?
Ne avremo meno di Polonia e Spagna. Ma più di Germania e Regno Unito. Un po’ meno della Francia (che sta però riducendoli e ne avrà quindi meno ancora di noi). Ovviamente infinitamente più degli Usa (ma è un altro sistema).
Il tuo consiglio sul voto e le ragioni.
Francamente non vedo come si possa votare “No”. Sono 25 anni che tutte le forze politiche e ancor più i cittadini chiedono un Parlamento più snello. Si sarebbe potuto fare di meglio con una riforma più incisiva (per esempio rendendo la Camera prevalente sul Senato e trasformando il Senato – nella foto qui sopra a sinistra, n.d.r. – in camera delle Regioni): ma gli elettori nel 2016 dissero di no a un’ipotesi del genere. Quindi bisogna contentarsi di questa che è una riforma, in fondo, marginale. Ma non vedo perché si dovrebbe improvvisamente fare gli schizzinosi. E smentire un Parlamento che dopo tutto ha votato per la propria autoriduzione (e l’ha fatto ben 13 volte!). È un’occasione da non perdere per ridare qualche legittimità in più al Parlamento.