C’è un nesso tra il cedimento del Governo alle pressioni per “secretare” i risultati dei test Invalsi e il crescere del numero dei ragazzi che se ne vanno all’estero
.
Editoriale telegrafico di Andrea Ichino pubblicato sul Corriere della Sera del 18 febbraio 2020 – In argomento v. anche quello di Aldo Grasso del 16 febbraio
Mentre il governo occulta i test Invalsi, un numero crescente di giovani se ne va all’estero. C’è un nesso tra i due fatti. I ragazzi che partono non hanno paura della competizione e preferiscono vivere in sistemi sociali in cui il confronto serve a capire quali sono le scelte migliori per il futuro.
Un corridore che deve decidere in quale specialità concentrarsi ha bisogno di misurare i suoi tempi in ciascun tipo di corsa e di confrontarli con quelli degli altri per capire se sarà più competitivo nei 100 metri, negli 800 o nella maratona. Il tempo impiegato per un percorso è una misura confrontabile, come i test Invalsi. Non l’unica utile, ma è certamente una misura necessaria insieme ad altre.
Per un giovane italiano è invece difficile sapere, prima che sia troppo tardi, se le scelte scolastiche che ha fatto siano sbagliate e se servano terapie correttive. Senza le informazioni fornite dai test invalsi sarà ancora più difficile. Non avrà un termometro per misurarsi la febbre in modo oggettivo. Avrà solo la mano sulla fronte del suo insegnante (ossia il voto tradizionale). Un indicatore utile anche quello, ma imperfetto perché soggettivamente legato al punto di riferimento dell’insegnante stesso, che potrebbe in buona fede dire allo studente: “stai tranquillo, sai la matematica”, anche quando la preparazione è oggettivamente scadente rispetto a quella dei compagni di altre scuole con cui lo studente si confronterà in una facoltà di ingegneria. Non stupisce quindi che quasi un terzo dei giovani italiani affermi di non essere contento delle scelte scolastiche fatte (Almalaurea).
Meglio quindi andarsene all’estero per chi non ha paura di capire quanto vale, perché le sue capacità, quali che siano, saranno sì misurate, ma anche valutate e premiate meglio che in Italia. Dobbiamo sperare, per il bene del Paese, che quelli che restano non siano soltanto quelli che preferiscono l’appiattimento verso il basso voluto dal Governo.