Quando si secretano i risultati delle prove obiettive di efficacia dell’insegnamento, si ridimensionano anche le ambizioni: della Scuola e del Paese
.
Editoriale telegrafico di Aldo Grasso, pubblicato sul Corriere della Sera il 16 febbraio 2020 – In argomento v. anche Una maturità sempre meno affidabile .
.
Gli esami finiscono sempre, purtroppo. “Oggi è stato approvato un mio emendamento che toglie definitivamente dal curriculum degli studenti la certificazione delle prove Invalsi”. Questo l’annuncio trionfante di Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-LeU. Cui ha fatto seguito un commento della vice ministra dell’Istruzione Anna Ascani: “Abbiamo fortemente voluto che i risultati delle prove Invalsi rimanessero fuori dal curriculum dello studente”. L’Invalsi è il “coronavirus” della scuola italiana? Perché il Governo è così felice di averne secretato i risultati?
L’Invalsi è una parte del curriculum dello studente, un allegato al diploma di Maturità che contiene esperienze, competenze e conoscenze che lo studente ha accumulato negli anni, da presentare a università e datori di lavoro. Migliorabile, certo, ma strumento moderno capace di radiografare la realtà: uno studente su tre in terza media ha problemi di comprensione del testo, e se una classe va male, a volte, il docente non è esente da demeriti. Invalsi? Se c’è la febbre, si rompa il termometro!
La verità è che parte della scuola italiana ancora resiste alle valutazioni: presto sostituirà i voti con le faccine. E per una certa retorica politica e sindacale, la colpa è sempre del sistema, mai personale.
Quando si secretano i demeriti, si ridimensionano anche le ambizioni. Della scuola, del Paese.