Anche l’atrocità degli italiani uccisi nelle foibe è un abominio – Ma il genocidio nazista degli ebrei merita uno spazio e una riflessione a sé, nella nostra memoria, perché fu la conseguenza di un odio non dettato da vendetta o da interesse economico, politico, o territoriale: fu odio gratuito, fine a sé stesso
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Lettera pervenuta il 10 febbraio 2020, Giornata Nazionale per le Vittime delle Foibe, in riferimento al video Liliana Segre ricorda Auschwitz a Strasburgo, diffuso con la Nwsl n. 515 di quel giorno, e a Nel Giorno della Memoria: l’addio di Etti Hillesum al mondo, diffuso con la Nwsl precedente.
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Egregio professore,
spiace dover essere io a ricordare a lei che oggi è la giornata dedicata al ricordo delle vittime delle foibe. Lei non manca mai di celebrare abbondantemente la giornata del ricordo della strage nazista degli ebrei, come ha fatto anche quest’anno con la Newsletter del 27 gennaio, e poi di nuovo con quella di oggi, ma la sua memoria molto selettiva sembra avere del tutto cancellato il ricordo della strage a cui invece la giornata di oggi avrebbe dovuto essere dedicata. Non esito a dirle che per me, che ho apprezzato in altre occasioni la sua equanimità e il suo contrasto alla faziosità di parte, questa sua dimenticanza è stata una delusione.
Federico Soliman (Trieste)
Nella storia del mondo le atrocità, anche quelle esercitate su gruppi di persone molto numerosi, non si contano. Tra di esse, però, il genocidio degli ebrei compiuto dai nazisti durante l’ultima guerra mondiale ha una peculiarità che ne fa un unicum, qualche cosa di diverso da tutte le altre enormità commesse da uomini contro altri uomini. Non per il numero delle persone sterminate: sul piano quantitativo credo che Hitler sia stato battuto da Stalin; comunque non è questo il punto. La differenza che fa della Shoah un evento unico nella Storia dell’umanità è quella che Primo Levi ha individuato in modo molto chiaro: la gratuità dell’odio di un popolo contro un altro. All’origine del disegno hitleriano dello sterminio degli ebrei non c’erano conflitti di interesse economico o territoriale, motivi inerenti a un progetto politico di riforma della società, e neppure moventi di natura etnica: gli ebrei erano dovunque, in Europa, ben integrati nel tessuto civile dei rispettivi Paesi e fedeli ai loro ordinamenti.
Con questo non intendo certo sminuire le atrocità commesse da Stalin e dai regimi che a lui facevano capo, prima e dopo la guerra contro Hitler, o dai turchi contro gli armeni, o le mille altre che punteggiano la storia dell’umanità; ed è ancor più lontano da me l’intendimento di sminuire quelle commesse fra il 1943 e il ’45 nella Venezia Giulia e nel Quarnaro dai partigiani titini. Resta il fatto che la deportazione e la strage dei kulaki era parte di un disegno politico di riforma – aberrante, ma pur sempre un disegno politico di riforma – delle strutture economiche e politiche della società; la deportazione e la strage degli armeni era motivata da antichi conflitti etnici e ultimamente dal timore dei turchi di una loro possibile alleanza con la Russia. Quanto alle stragi titine, esse erano la reazione barbara a violenze altrettanto barbare commesse dagli italiani negli anni precedenti.
Non possiamo ricordare le vittime delle foibe senza ricordare anche che in nome dell'”italianizzazione” dell’Istria il Governo fascista aveva vietato che si insegnasse nelle scuole lo sloveno e aveva avviato un’operazione di “pulizia etnica” feroce. Né possiamo dimenticare che Mussolini, parlando a Pola il 21 settembre 1920, aveva preannunciato tutto questo affermando che “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone“.
La deportazione, la tortura, l’assassinio di esseri umani, quale che ne sia il movente, sono sempre un abominio, in tutte le epoche, a tutte le latitudini e longitudini; ma nel caso della Shoah l’odio organizzato che ne fu la causa non fu mosso da desiderio di espansione territoriale, o di vendetta: era odio gratuito, allo stato puro. Per questo quel capitolo della storia della ferocia umana merita un posto e una riflessione a sé nella nostra memoria. (p.i.)