Ero dieci anni fa e sono tuttora convinto che per le elezioni politiche nel nostro Paese sia indispensabile un sistema di tipo maggioritario e che il migliore sia quello in vigore con risultati eccellenti da più di 60 anni in Francia, ovvero l’uninominale di collegio a doppio turno
.
Messaggio pervenuto il 5 febbraio 2020 – Tutti gli articoli, interviste e interventi precedentemente pubblicati su questo sito, in materia di riforma elettorale, sono agevolmente reperibili nella sezione Riforme istituzionali.
.
Caro professor Ichino,
le confesso che mi è un po’ dispiaciuto il Suo silenzio, lungo tutto lo scorso anno, sulla questione della riforma elettorale. Non posso dimenticare che dieci anni fa Lei è stato il promotore e primo firmatario di un manifesto per l’uninominale maggioritario, che all’epoca suscitò molte speranze; sarebbe dunque una delusione se Lei ci dicesse che oggi, appartenendo ancora al Pd, su questa questione di importanza vitale per il futuro del Paese tace per motivi di opportunità, non volendo mettersi contro l’orientamento oggi proporzionalistico del suo partito.
Le sarò comunque grato anche di una risposta “privata”. Con stima
Corrado Pescante
Nessun imbarazzo e nessuna reticenza: ero dieci anni fa e sono tuttora profondamente convinto che sia indispensabile un sistema elettorale di tipo maggioritario e che per il nostro Paese il sistema migliore sia quello francese, ovvero l’uninominale di collegio a doppio turno, che
– consente al primo turno la scelta del partito secondo gli ideali (o anche gli interessi particolari) di ciascun elettore o gruppo di elettori, rendendo così possibile la competizione anche ai partiti minori;
– ma al secondo turno impone un’aggregazione degli elettori, in funzione della scelta della coalizione che dovrà governare.
Un altro sistema a doppio turno, che sta dando risultati eccellenti anche da noi è quello che si applica per l’elezione del sindaco e del consiglio municipale, nei Comuni di dimensioni maggiori: non è un caso che esso produca al tempo stesso la stabilità dei governi locali e l’emergere di figure politiche di notevole spessore, tutto sommato il meglio del ceto politico espresso oggi dal nostro Paese, senza mortificare affatto il ruolo delle opposizioni e senza soffocare togliere voce alle piccole minoranze.
Credo dunque che il Pd commetta un errore, accordandosi con il M5S per il ritorno al sistema proporzionale, pur essendo comunque un buon correttivo che, per l’accesso al Parlamento, venga mantenuta la soglia minima del cinque per cento su base nazionale (vedo però anche il rischio che, al dunque, quella soglia venga abbassata al quattro o addirittura al tre, per accontentare gli alleati).
Vedo come un segno di debolezza grave del sistema politico italiano la volubilità dei partiti su questa materia di importanza cruciale: non può non sconcertare, per un verso, che il Pd abbandoni la bandiera del doppio turno alla francese, che è stata la sua per tutto l’ultimo decennio, rinunciando così alla propria vocazione maggioritaria, che costituisce una delle ragioni d’essere originarie di questo partito; per altro verso che Forza Italia, da sempre contraria all’uninominale maggioritario, oggi faccia suo questo modello soltanto per convenienze tattiche contingenti.
Si obietta che l’uninominale di collegio oggi favorirebbe una vittoria del Centro-Destra guidato da Salvini. Non ne sono affatto convinto, anche perché (l’esperienza francese insegna) il secondo turno responsabilizza gli elettori; mentre sono convinto che a spingere l’elettorato verso una destra estremista può essere, assai di più, la qualità della politica prodotta dal sistema proporzionale.
Il problema è che una buona riforma elettorale non può andare disgiunta da qualche ritocco della Costituzione: almeno per quel che riguarda la funzione del Senato (che dovrebbe essere ben distinta da quella della Camera) e l’elezione del Presidente della Repubblica. Dunque, purtroppo, non è cosa realisticamente proponibile in questa legislatura. (p.i.)