La valanga di aggressioni verbali che ha fatto seguito al mio editorialino sulle elezioni in Emilia Romagna forse è la spia di un rovello interiore che gli autori delle contumelie non riescono a risolvere
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Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 515, 10 febbraio 2020, sull’ondata di reazioni aggressive al mio editoriale telegrafico per la Nwsl precedente.
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Nel mio editoriale telegrafico del 27 gennaio, pur plaudendo alla vittoria di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna, avevo osservato che i moltissimi voti ottenuti da Lucia Borgonzoni “sono l’espressione di un Paese la cui spesa pubblica per mezzo secolo è stata superiore alle entrate, ma insofferente verso chi gli propone di cambiare strada”. È bastato questo per scatenare su Twitter e Facebook un’ondata di contumelie, condite con l’accusa a me di essere un iper-liberista venduto alla destra, alle multinazionali e ai poteri forti. Non conosco personalmente neppure uno degli autori di queste aggressioni verbali, la maggior parte dei quali del resto si nasconde dietro identità di fantasia; posso pensare, però, che siano tutti persone di sinistra, visto che accompagnano i loro insulti con l’imputazione a me di essere di destra; e che siano tutti convinti della bontà di uno sviluppo economico fondato sull’aumento ininterrotto del debito pubblico. Tutte persone, dunque, che su questo punto cruciale sono molto più d’accordo con il vero protagonista della campagna elettorale del Centro-Destra in Emilia Romagna, cioè Matteo Salvini, che con il presidente Bonaccini, con il segretario del Pd Zingaretti, o con il ministro dell’Economia Gualtieri. Nessuno di questi miei detrattori, però, ha chiarito se domenica 27 gennaio ha votato (o lo avrebbe fatto, risiedendo in Emilia Romagna) per Bonaccini o per la candidata di Salvini. Forse tutto il loro risentimento incontenibile nasce proprio da qui: chissà che quell’articoletto senza pretese non li abbia posti di fronte a un paradosso che hanno qualche difficoltà a risolvere.
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