UNA TESTIMONIANZA DIRETTA SULLA STORIA DELL’ACCIAIERIA DI TARANTO

Due periodi nella storia dello stabilimento: con un bilancio molto positivo il primo (anni ’60),  molto meno il secondo

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Messaggio pervenuto il 24 gennaio 2020 – In argomento v. anche
Ancora sull’inquinamento atmosferico prodotto dall’Ilva
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Caro professore, ho letto con interesse i suoi interventi sulla ex Ilva di Taranto: è un argomento che mi interessa molto avendo io lavorato in quella azienda per 30 anni di cui 17, dal 1961 al 1977, a Taranto dove ho ricoperto il ruolo di responsabile della selezione, formazione e gestione del personale.

[…]

Rispetto ai problemi di oggi le mie considerazioni costituiscono niente di più di una testimonianza storica di un periodo ormai lontano.

Ritengo che la presenza a Taranto del centro siderurgico si possa dividere in in 2 periodi.

Nel primo, che va dal 1960 al 1970 corrispondente con la costruzione ed il potenziamento a 4.5 milioni di tonnellate di acciaio, la città ha potuto beneficiare di:

  • Una significativa creazione di posti di lavoro con retribuzioni alte rispetto al mercato, determinate in base ad un sistema di valutazione dei posti di lavoro esenti quindi da criteri soggettivi. Buone relazioni sindacali, fino al 1968, comunque migliori e più avanzate rispetto alla media nazionale.
  • Della presenza di una azienda moderna con evoluti metodi di gestione, impegnata per favorire lo sviluppo economico e culturale anche del contesto in cui operava, attenta ai rapporti con la città che reagì bene formalmente ma non seppe approfittare della opportunità offertale.
  • Un clima socio economico favorevole, determinato dalla presenza di una nuova componente sociale, legata all’industria, che si integrava in maniera equilibrata a quella dell’impiego statale burocratica, della piccola industria e del commercio.

Sul piano dell’inquinamento, disponendo lo stabilimento di impianti moderni allocati su un’area molto vasta, non sorsero particolari problemi se non la protesta, per la quale fu trovata una soluzione, dei mitilicultori che lamentavano, non senza ragione, danni alle culture causate dall’assorbimento dell’acqua dolce del Mar Piccolo, per il raffreddamento degli altoforni, con conseguente aumento della salinità per il richiamo di acqua salata dal Mar Grande.

Il favorevole equilibrio, che già dalla fine degli anni 60 a causa dei problemi sociali a livello nazionale aveva subito un regresso, si alterò nel secondo periodo, che va dal 1970 alla fine del decennio, corrispondente al raddoppio degli impianti per portare la potenzialità a 10.3 milioni di tonnellate di acciaio. La tumultuosa crescita dello stabilimento, anziché costituire fattore positivo, finì per essere una causa del peggioramento infatti:

  • La più elevata concentrazione di impianti sulla preesistente area ha fatto si che le emissioni inquinanti diventassero problematiche specialmente per il confinate rione Tamburi che, nel frattempo, ebbe un insensato sviluppo di edilizia abitativa.
  • I nuovi posti di lavoro dello stabilimento e per le attività di costruzione trasformarono Taranto da città di emigrazione in città di immigrazione caotica.
  • L’equilibrio tra le varie classi sociali si alterò in quanto su dipendenti pubblici, piccoli imprenditori, professionisti, non coinvolti direttamente o indirettamente alle attività dello stabilimento, ebbero tutti gli svantaggi derivanti dall’aumento dei prezzi e dal peggioramento delle condizioni ambientali senza poterne godere dei benefici.
  • I problemi derivanti dal difficile clima sindacale e sociale italiano in sede locale si aggiunsero quelli derivanti dalla rapida crescita dei dipendenti aziendali e la drastica riduzione delle attività delle ditte appaltatrici per i lavori del raddoppio .

La direzione aziendale continuò la politica di attenzione nei confronti della città già messa in atto nel primo periodo.

Per rispondere ai problemi ecologici, costituì un servizio ecologia dedicato ad più attento controllo del fenomeno ed alla progettazione e realizzazione di migliorie quali: interventi sugli impianti per un più attento controllo delle emissioni e contenimento delle stesse, la collina artificiale sul confine dello stabilimento verso il rione Tamburi, la messa a dimora di piante in tutto l’area dello stabilimento.

Per favorire la crescita economica della città l’azienda, oltre ad altre iniziative, sostenne la costituzione di un organismo per favorire lo sviluppo dell’imprenditoria locale e fornendo la propria esperienza nella gestione d’impresa.

Nonostante l’impegno non si ottenne il successo del primo periodo.

Con i migliori saluti.

Ugo Pellegri

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