UN MODO LEGITTIMO PER DARE LAVORO AI SANS PAPIERS

Agli immigrati irregolari una comunità locale può offrire alloggio, istruzione, formazione, cure mediche, e al tempo stesso l’avviamento a lavori socialmente utili non retribuiti; a condizione che la volontarietà di questi ultimi sia effettiva, cioè che tra l’assistenza e il lavoro prestato non ci sia per davvero alcun nesso di corrispettività

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Messaggio di Fabrizio Bercelli pervenuto il 23 novembre 2019 – Seguono la mia risposta e un altro interessante messaggio dello stesso F.B. – In argomento v. anche
Etica e politica alla prova (difficilissima) dei flussi migratori .
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Manifestazione di profughi davanti alla Prefettura di Bologna

Caro Pietro Ichino, riguardo ai tanti giovani africani che mendicano in città come la mia, presumibilmente privi di permesso di soggiorno, c’è secondo te qualche possibilità di farli lavorare in modo temporaneo ma non illegale? Si potrebbe inserire una norma che lo consenta a livello regionale? Sto pensando in particolare al programma di Bonaccini per le elezioni di gennaio.
Grazie, con stima e simpatia (regalo il tuo La casa nella pineta a parenti e amici, che lo apprezzano tutti molto),
Fabrizio Bercelli (Bologna)

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La risposta al quesito di F.B. non è per nulla facile. Provo ciononostante a ipotizzare qualche cosa di fattibile.

 UNA FORMA DI INTEGRAZIONE PROVVISORIA PER GLI IMMIGRATI IRREGOLARI

È sicuramente vietato ingaggiare queste persone per un lavoro retribuito; però non è vietato che esse decidano di prestare il loro lavoro gratuitamente per altre persone che ne hanno bisogno o per una comunità locale; così come non è vietato che altre persone o una comunità locale decida di dare loro gratuitamente assistenza: vitto, alloggio, insegnamento dell’italiano, formazione professionale e addestramento, cure mediche e altro.

Dunque si può pensare a una iniziativa locale consistente in

  1. organizzazione di un servizio di assistenza gratuita per immigrati irregolari: vitto, alloggio, insegnamento dell’italiano, formazione professionale e addestramento, cure mediche e altro;
  2. predisposizione di un centro, rivolto agli stessi, di avviamento a lavori socialmente utili non retribuiti: pulizia di spazi pubblici, manutenzione edilizia di immobili, assistenza a persone anziane o non autosufficienti, piccoli lavori di riparazione domestica nei quali valorizzare mestieri appresi nei luoghi d’origine o nei corsi di formazione di cui sub a).

Perché l’iniziativa sia legittima, occorre curare con grande attenzione che non ci sia alcun nesso di corrispettività tra la fruizione di quanto previsto al punto 1 e la disponibilità da parte del fruitore per i lavori di cui al punto 2.    (p.i.)

UNA TERZA VIA TRA L’ELEMOSINA E UNA MIOPE AVARIZIA

Caro Pietro, grazie della tua risposta sollecita e preziosa. Preziosa perché indica una via praticabile e sensata, in mancanza di meglio, per affrontare la grande piaga della mendicità di decine di migliaia di giovani africani. Milioni di cittadini italiani si trovano ogni giorno, più volte al giorno in molte grandi città, in una situazione incresciosa: umiliare un africano, giovane sano e forte, dandogli una misera elemosina, oppure negargliela a prezzo di un indurimento del proprio cuore e di un’ancora maggiore umiliazione dell’altro – la maggioranza, me incluso, adotta prevalentemente la seconda opzione, assai brutta. Uscire da questo diffuso stato di inciviltà, che affligge insieme immigrati e italiani, dovrebbe essere, a mio giudizio, una priorità politica, e tu qui indichi come farlo. Lo proporrò nel gruppo Bologna in Azione (il neo-partito promosso da Calenda), cui partecipo, come proposta da inserire nel programma di Bonaccini, se possibile. Altrimenti come una proposta nostra o semplicemente civica.
Fabrizio

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