“[…] Ho dedicato una giornata a divorare La casa nella pineta [… nel libro] ho visto scorrere la storia di una nazione, di una cultura, di un partito, ma soprattutto la storia di una famiglia e di un uomo di una taratura morale non comune […]”
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Lettera pervenuta il 21 settembre 2019 – Tutte le altre lettere e recensioni de La casa nella pineta sono facilmente accessibili attraverso la pagina web dedicata al libro.
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Gentile Professore (quanto mi dispiace non poterla chiamare senatore), con colpevole ritardo ho letto il suo libro. Ieri ho messo da parte il manuale di storia delle dottrine politiche e ho passato la giornata a divorare La casa nella pineta. In realtà non saprei molto cosa dirle: nella sua narrazione in un certo senso “romanzesca” (nel senso buono intendo) ho visto scorrere la storia di una nazione, di una cultura, di un partito, ma soprattutto la storia di una famiglia e di un uomo di una taratura morale non comune. Sono rimasto affascinato da quel mondo borghese tanto lontano dal mio, ma credo anche da tanta borghesia di oggi; dal saper ricevere di sua madre; mi sono intenerito quando suo padre ha chiesto il bacio a sua madre a capodanno (sono un terribile romantico); ho ritrovato ancora più forte la stima che ho per lei leggendo le sue scelte professionali e politiche, che pure già conoscevo.
Non riesco a pensare che cinquanta anni fa lei, più o meno alla mia età, faceva il sindacalista di zona, andando a parlare con gli operai, a farsi operaio tra di loro. Ho trovato incredibilmente attuale e moralmente giusta la massima di Don Milani di restituire il privilegio di cui godiamo, chi più chi meno, ponendoci nei vari modi possibili al servizio degli altri. Ho pianto di orgoglio, sì di orgoglio, leggendo quella coraggiosa lettera che scrisse alla sua famiglia negli anni del terrorismo e leggendo del processo alle nuove BR. Lei ha descritto poi la vicenda non solo di un giurista, di un sindacalista, di un deputato, ha mostrato anche il Pietro uomo, raccontando con grande finezza e garbo il suo scoprire il mondo e le sue difficoltà, la forza del suo amore e le debolezze che ha incontrato. Anche questo richiede coraggio.
Probabilmente ha ragione a salutare oggi come un “bene” la sua sconfitta alle elezioni del 1983, però non posso non pensare a come avrebbe potuto essere la sinistra se lei fosse rimasto a Montecitorio, forse sarebbe riuscito a conquistare l’egemonia dentro il partito. Non lo so, certo a distanza di quasi quarant’anni un po’ di soddisfazioni in questo senso deve però averle. Ho letto il suo disegno di legge di allora sulla agenzie regionali per il lavoro: è sorprendente che in qualche modo sia ancora attuale: oggi, negli ultimi anni, sono diverse le regioni che hanno strutturato le proprie politiche attive del lavoro secondo un modello simile, per esempio l’Emilia Romagna. La sua è veramente un’intelligenza fuori dal comune.
Leggere questo libro per è stato proprio bello, non leggevo un libro in una notte da tempo. È con lei che mi sono avvicinato alla politica; credo fosse il 2011, avevo 12 anni e non so bene come arrivai sul suo blog. Ho letto tante volte il suo Codice semplificato del lavoro, i suoi interventi e progetti. Oggi su diverse cose credo di essermi spostato a sinistra, forse ho maturato anche idee diverse dalle sue (in qualche modo la considero il mio “padre” politico), però se c’è un argomento su cui non ho sostanzialmente cambiato idea, e ho letto anche quello che scriveva Damiano per esempio, è la riforma del mercato del lavoro nei suoi tratti essenziali.
Lei negli anni ’70 teneva il corso alla CGIL di Milano, ma in un certo senso qualcosa del genere lo ha fatto anche oggi, con il suo blog, le sue argomentazioni non da azzeccagarbugli. Lo scorso anno ha pubblicato le slide di un suo corso alla statale, diapositive che ho ovviamente letto tutte, certo non tanto da saperle argomentare; ma, sa, forse è anche merito suo se pur avendo scelto io un percorso di studi storico mi appassiono a leggere anche articoli di economia e di diritto.
Ci sarebbe tante altre cose da dire, che ora non mi vengono in mente. Però una cosa gliela dico: grazie, per quello che ha fatto durante la sua vita, per la sua onestà, per la sua etica, per la sua intelligenza e la sua apertura al dialogo e grazie per il ruolo che inconsapevolmente ha avuto nella mia formazione politica e culturale, che è un modo con cui ha restituito a me quel suo privilegio che da giovane le pesava. Se io, che pure ho fatto il liceo classico ma vengo da una famiglia che se non possiamo definire della classe operaia, sicuramente non è borghese, ho una idea per quanto vaga di cosa sia il diritto del lavoro, della necessità di non avere un atteggiamento dogmatico, e ho maturato una coscienza politica che vada oltre la sola impronta culturale che proviene dalla famiglia, ecco è grazie a lei.
Non so se avrò mai il piacere di conoscerla, ma lei è e resterà per me un modello, anche un modello di come essere praticamente di sinistra. […]
Un suo “allievo” digitale
Alberto Biarese (proveniente da Imperia, ma studente a Bologna)
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