Nel 2012 Scelta Civica nacque in contrasto non solo con FI, che con la UE aveva rotto i rapporti, ma anche con un Pd che sposava le posizioni euroscettiche di Fassina – Oggi invece proprio il Pd è, nonostante le sue sconfitte anche recenti, la garanzia più forte dell’ancoraggio del nostro Paese al processo di integrazione europea
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Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 506, 17 settembre 2019 – In argomento v. anche PD-M5S: la svolta che conta è sul rapporto con la UE.
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Col sistema elettorale proporzionale, al centro del sistema politico italiano si apre un rilevante spazio per uno o più partiti che riescano a raccogliere chi rifiuta un Pd un po’ spostato a sinistra e chi rifiuta una FI diventata satellite della Lega di Salvini. Renzi motiva la scelta di essere lui a occupare questo spazio con la necessità di mantenere la nuova forza politica centrista ancorata alla coalizione che sorregge il Governo Conte-bis, in chiave europeista e anti-sovranista. Questo è l’aspetto positivo dell’operazione; ma ce ne sono anche due negativi. Innanzitutto la scissione dà per irreversibile l’involuzione del sistema politico nazionale in senso proporzionalistico. Inoltre essa indebolisce, in seno al Pd, la componente liberal-democratica riformista, che coltiva due elementi essenziali del DNA del partito: il suo europeismo e – nonostante tutto – la sua vocazione maggioritaria nel contesto di un sistema maggioritario. Avrei dunque preferito che fossero altri – come Calenda e Stefano Parisi, possibilmente unendosi con Bonino e Della Vedova – a incaricarsi di rispondere alla nuova domanda politica al centro dello schieramento; e che Renzi continuasse invece la sua battaglia dentro il Pd. A chi mi obietta che nel dicembre 2012 feci una scelta analoga a quella renziana di oggi, partecipando con Monti alla fondazione di Scelta Civica, rispondo che in quel momento il Pd, con Stefano Fassina responsabile dell’Economia, stava abbandonando la scelta europeista che lo aveva caratterizzato fin dalla nascita. Oggi, invece, proprio il Pd costituisce la garanzia più forte dell’ancoraggio del nostro Paese al processo di integrazione europea. Ho spiegato altrove che, rispetto a questa scelta fondamentale (nitidissima nella linea seguita da Nicola Zingaretti), le oscillazioni a sinistra o a destra sono dettagli di peso secondario, che dunque non possono motivare una scelta grave come quella di una scissione.
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