Per abbattere il muro tra domanda e offerta di lavoro giovanile occorre attivare un meccanismo di misurazione sistematica, a tappeto, dell’efficacia dei corsi finanziati con il denaro pubblico, per selezionarli meglio e per consentire l’attivazione di un servizio efficace di orientamento scolastico e professionale
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Articolo pubblicato su la Repubblica il 27 giugno 2019 – In argomento v. anche la mia relazione del 15 febbraio scorso su Come si contrasta la disoccupazione giovanile
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C’è una cura per la malattia del nostro mercato del lavoro descritta da Marco Ruffolo su la Repubblica di domenica: cioè per quelle molte centinaia di migliaia di giovani che cercano lavoro senza trovarlo, e per quelle molte centinaia di migliaia di posti di lavoro che restano permanentemente scoperti perché le imprese non trovano persone dotate delle attitudini necessarie. La cura si chiama rilevazione a tappeto e pubblicazione sistematica del tasso di coerenza tra formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi.
Per realizzarla occorre istituire un’anagrafe della formazione professionale, cui vengano iscritti tutti coloro che frequentano corsi finanziati con fondi pubblici. Se si incrociano i dati di questa anagrafe con quelli delle Comunicazioni Obbligatorie al ministero del Lavoro relative ai nuovi contratti di lavoro che vengono stipulati, si può ottenere la percentuale di coloro che, avendo frequentato un corso, hanno poi trovato un lavoro regolare, di contenuto coerente con il corso stesso oppure no; e si può ottenere anche il dato sul tempo intercorso tra la fine del corso e l’inizio della nuova occupazione. È quanto già viene realizzato in riferimento agli istituti scolastici da Eduscopio, l’osservatorio creato dalla Fondazione Agnelli, che utilizza i dati resi disponibili dall’anagrafe scolastica funzionante presso il ministero dell’Istruzione.
Il tasso di coerenza tra formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi è indispensabile, innanzitutto, per consentire che il finanziamento pubblico si indirizzi soltanto verso i corsi di migliore qualità. Ma è indispensabile anche per un servizio di orientamento scolastico e professionale efficace, capace di fornire agli adolescenti, all’uscita di ciascun ciclo scolastico, le informazioni necessarie per la scelta del percorso formativo che assicuri uno sbocco occupazionale corrispondente con le loro attitudini e aspirazioni. Gran parte della differenza tra il tasso di disoccupazione giovanile (intorno al 32 per cento) e il tasso di disoccupazione generale (intorno al 10), nel nostro Paese, è imputabile proprio al fatto che gli adolescenti compiono le scelte decisive per il proprio futuro senza le informazioni necessarie sulle opportunità di lavoro offerte dal tessuto produttivo e circa i percorsi formativi che possono consentire di approfittare effettivamente di quelle opportunità.
Questo dato analitico preciso circa l’efficacia di ciascun corso di formazione costituisce evidentemente anche il presupposto perché possa diventare effettivo quel “diritto soggettivo a una formazione o riqualificazione efficace”, che Bruno Trentin negli anni ’90 indicava come la nuova frontiera della protezione del lavoro nell’era dell’economia digitale e della globalizzazione, e che per la prima volta il contratto collettivo metalmeccanico rinnovato nel 2016 ha riconosciuto a ciascun lavoratore del settore.
Alla realizzazione di un sistema di rilevazione sistematica di questo dato sulla qualità della formazione finanziata con denaro pubblico puntava il disegno di riforma contenuto nella legge-delega n. 183/2014 e nel decreto attuativo n. 150/2015 (articoli 13-16), con un accentramento della competenza legislativa e amministrativa sulla materia in capo allo Stato. Senonché quel progetto presupponeva che andasse in porto anche la riforma costituzionale, la quale invece è stata bocciata nel 2016. Tramontata la possibilità di realizzarlo contemporaneamente su tutto il territorio nazionale, nulla vieterebbe però di incominciare a realizzarlo almeno nelle Regioni disponibili: ben presto anche le altre sarebbero costrette ad adeguarsi.
È questo il passaggio necessario, ancorché certo non sufficiente, per trasformare un servizio oggi prevalentemente centrato sull’interesse degli addetti, in un servizio centrato soprattutto sull’interesse degli utenti. E per avere lo strumento più utile per abbattere il muro che oggi divide una domanda di lavoro già esistente, senza bisogno di nuovi investimenti, e l’offerta di un’intera nuova generazione.