La Knox si presenta come vittima di una montatura del sistema giudiziario italiano, dimenticando la sua calunnia contro un innocente e gli altri suoi comportamenti del tutto incoerenti con le professioni di innocenza
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Terzo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 503, 19 giugno 2019 – In argomento v. anche Amanda e Raffaele ringrazino e chiedano scusa.
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Otto anni dopo la clamorosa assoluzione dall’imputazione dell’assassinio di una compagna di studi, Amanda Knox torna in Italia lamentando di essere stata trasformata in un mostro dai media e dalla Giustizia italiana. Con qualche variante, è quello che accade in quasi tutti i casi di processi indiziari nei quali chi è probabilmente colpevole viene assolto perché la probabilità, giustamente, non basta: il neo-assolto, invece di congratularsi con un’amministrazione giudiziaria che ha mostrato di non accontentarsi di una colpevolezza probabile per condannarlo, denuncia come sopruso il fatto stesso di essere stato sottoposto a processo. Le doglianze di Amanda Knox verso la Giustizia italiana, però, per quanto prevedibili, sono più che mai fuori luogo: perché prima dell’assoluzione in Cassazione la sua colpevolezza era stata riconosciuta in ben tre giudizi di merito, da parte di un tribunale e due corti d’appello; la sua triplice condanna era venuta a seguito di una sua confessione, ancorché poi ritrattata; il comportamento suo e del suo partner Raffaele Sollecito, nelle ore immediatamente successive alla morte di Meredith Kerchner, era stato pochissimo coerente con le loro professioni di innocenza (se non altro per il mancato soccorso alla compagna ferita); l’indizio di colpevolezza più grave, poi, era stato la calunnia ai danni di un altro compagno di studi, Patrick Lumumba, per la quale la stessa Amanda si è presa una condanna a tre anni (di questo, ovviamente, neppure una parola nel corso della sua tournée italiana dei giorni scorsi; ma perché nessuno le ha chiesto, invece, di parlarne?). Nonostante tutto ciò la Cassazione ha ritenuto che la certezza assoluta della sua colpevolezza per l’omicidio non sia stata raggiunta; e da questa imputazione la ha quindi assolta. Buon per lei; ma, per favore, ora non venga qui a vestire i panni della vittima della Giustizia e della stampa italiane. Non dimentichi che se oggi è una donna libera, lo deve a un sistema giudiziario che in questo caso è stato molto più garantista di quanto lo sia quello del suo Paese.
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