LA NUOVA TROVATA DEL M5S: L’AUMENTO DELLE PAGHE PER LEGGE

Nel tentativo di invertire il trend negativo dei sondaggi, il ministro del Lavoro Di Maio riscopre la bandiera della “retribuzione come variabile indipendente”

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Primo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 503, 24 giugno 2019 – Sul tema del salario minimo orario v. anche l’editoriale telegrafico del 10 giugno, Il minimum wage ha bisogno di retribuzioni trasparenti .
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La Commissione Lavoro del Senato si appresta a licenziare per l’Aula un disegno di legge che impone un limite minimo universale di retribuzione oraria pari a 9 euro. Se la settimana lavorativa è di 40 ore, in un mese si lavorano circa 173 ore; e 9 euro moltiplicato per 173 fa una paga di 1557 euro al mese. Secondo i dati forniti dall’Inps, nei dieci settori maggiori coperti da un contratto collettivo nazionale firmato da Cgil Cisl e Uil, oggi, più di metà degli addetti (per la precisione: il 52,9 per cento) lavora per una retribuzione inferiore a questa. La legge che la maggioranza giallo-verde si appresta a varare, dunque, avrebbe l’effetto di aumentare bruscamente la retribuzione di circa metà dei lavoratori italiani, con probabili effetti di aumento indotto (per ristabilire il collegamento con i diversi livelli di professionalità) anche nell’altra metà. Se un aumento per legge degli standard retributivi di questa entità fosse possibile senza contraccolpi negativi per i livelli occupazionali, vorrebbe dire che aveva ragione la sinistra sindacale quando, negli anni ’70, sventolava la bandiera della “retribuzione come variabile indipendente del sistema”. Tutto induce a ritenere, però, che quell’idea sia realisticamente praticabile soltanto nelle situazioni particolari nelle quali i lavoratori possono proporsi di erodere una rendita monopolistica o monopsonistica; e che invece, al di fuori di quelle situazioni, in un contesto connotato dalla concorrenza globale, l’aumento autoritativo generalizzato delle retribuzioni al di sopra della produttività marginale sia destinato a causare una riduzione della domanda di lavoro e una corrispondente riduzione dei livelli di occupazione. Ma il ministro del Lavoro di queste obiezioni non vuole neanche sentir parlare: sono “discorsi da professori” che a lui non interessano. Per risollevare il gradimento del M5S nei sondaggi non c’è niente di meglio che promettere agli italiani l’aumento delle retribuzioni per legge. Sperando che ci credano. E che il giorno della verifica venga il più tardi possibile.

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