Uno standard retributivo minimo universale è molto più efficace se si basa su di una regola che chiunque può applicare immediatamente e facilmente, senza bisogno di un consulente
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 502, 10 giugno 2019 – In argomento v. anche La questione del minimum wage: qualche osservazione di buon senso .
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In Gran Bretagna, se il salario minimo orario per una persona adulta è fissato a 8 sterline, e un’azienda paga un dipendente 7 sterline, tutti sanno immediatamente che quell’azienda sta violando la legge. Se la stessa norma si applicasse in Italia, invece, l’azienda potrebbe essere in regola oppure no. Perché la struttura delle paghe in Italia è, nella maggior parte dei casi, poco trasparente, per via delle numerose voci di “retribuzione differita”: così, quell’azienda potrebbe essere in regola, oppure no, a seconda che il contratto preveda o no la tredicesima e la quattordicesima mensilità, e preveda o no l’incorporazione nella paga diretta dell’accantonamento per il trattamento di fine rapporto. Poiché ciascuna di queste voci di retribuzione differita pesa intorno al 7 per cento della retribuzione diretta, il fatto che esse siano previste fa aumentare la retribuzione effettiva di un importo che può arrivare fino al 20 per cento. Le norme che si applicano, in un Paese, a decine di milioni di persone sono efficaci se sono semplici da capire e da applicare; sono molto meno efficaci se per applicarle occorre rivolgersi a un esperto. Nei Paesi anglosassoni e in quelli del Nord Europa la tecnica protettiva imperniata su uno standard retributivo minimo orario (hourly minimum wage) è efficace perché chiunque può capire da solo se la somma che paga o che percepisce rispetta lo standard minimo. In Italia, se questa tecnica protettiva verrà adottata dal legislatore, essa sarà meno efficace, almeno fino a che la struttura delle nostre retribuzioni continuerà a essere imbarocchita dalla previsione (talora, come nel caso della tredicesima mensilità, risalente a norme corporative) di svariate forme di retribuzione differita che impediscono la trasparenza e la comparabilità immediata dei trattamenti economici. È vero che queste complicazioni normative sono ormai tutte derogabili; ma, allora, perché non lasciare che sia la sola contrattazione collettiva a occuparsene?
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