CHE COSA SI DECIDE OGGI NEI SEGGI DEL PD

Un’affluenza alta renderà evidente che la componente maggiore dell’opposizione al Governo giallo-verde non è affatto spappolata, come qualcuno sostiene, ma è viva e vegeta – La seconda posta in gioco è il margine con cui il vincitore vincerà

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Editoriale telegrafico, 3 marzo 2019 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 6 dicembre scorso,
Minniti, Renzi e il vento anti-establishment .
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Dopo il confronto tv di giovedì tutti i commentatori hanno convenuto che è difficile ravvisare differenze di linea marcate fra i tre candidati alla segreteria del Pd. Si sarebbe potuto pensare che Zingaretti impersonasse un’inversione di linea rispetto a quella seguita dal Pd negli ultimi anni, se Gentiloni e Franceschini non avessero deciso fin dall’inizio della campagna per le primarie di appoggiarlo; oppure che Martina fosse il candidato degli oppositori a quell’inversione di linea, se lui non avesse speso tutta la campagna elettorale per sottolineare il proprio impegno ecumenico a superare le lacerazioni nel partito (e se lui stesso non venisse dalle file della “corrente bersaniana”). Forse, dei tre Giachetti è quello che si è caratterizzato più fortemente nel senso di una scelta politica generale di continuità rispetto alla linea seguita dal Pd sotto la guida di Renzi; ma, interrogato sulle questioni più specifiche e concrete, anche le sue risposte non sono facilmente distinguibili da quelle dei primi due.

Se le cose stanno così, qual è o quali sono realmente le poste in gioco di questo voto che conclude il congresso del Pd? Ne vedo essenzialmente due. La prima e di gran lunga più importante dipende da quanti voteranno: il solo fatto che l’affluenza sia alta servirà a rendere evidente che la componente maggiore e più determinata dell’opposizione al Governo giallo-verde non è affatto spappolata, come qualcuno sostiene, ma è viva e vegeta. La seconda è questa: se il vincitore raggiungerà la metà più uno dei voti, essendo così incoronato segretario direttamente dagli elettori delle primarie, o si dovrà andare all’Assemblea Nazionale per un’elezione di seconda istanza. La cosa migliore, per il Pd e per le sorti dell’opposizione, è probabilmente che il vincitore vinca subito, ma di poco. In modo che possa partire subito la costruzione dell’alternativa ai populisti per le elezioni europee; ma che a costruirla sia un partito nel quale ciascuna parte sia obbligata anche dai numeri a tenere conto delle altre.

 

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