IL PARTITO COME STRUMENTO DI DEMOCRAZIA, NEL PENSIERO DI PIETRO INGRAO E BRUNO TRENTIN

Bruna Ingrao mi scrive dopo aver letto i dialoghi con suo padre e con Bruno Trentin riportati ne La casa nella pineta: “[…] sentivano il partito come un canale di comunicazione e di formazione essenziale nella democrazia. Pur senza nessuna nostalgia per il PCI di un tempo, oggi che questo canale partitico è così usurato, ne sentiamo i guasti”
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Lettera di Bruna Ingrao del 20 febbraio 2019 – Sulla figura di suo padre v. anche I 100 anni di Pietro Ingrao; su quella di Bruno Trentin v. il ricordo di Giuliano Cazzola a nove anni della morte nonché il mio Dialogo sul lavoro con lui, pubblicato su lavoce.info nel maggio 2003.
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Caro Pietro, mi accorgo di non averti risposto ancora, davvero, dopo la lettura dei tuoi preziosi ricordi. Non so dirti quanto ci siano stati cari. Ti ringrazio anche a nome delle mie sorelle. Anche Bruno Trentin era per noi una persona di famiglia, un carissimo amico di mio padre.

Pietro Ingrao

A livello personale so quanto sia stato faticoso per mio padre elaborare il suo personale “lutto” (se posso usare questa parola) dopo la caduta del muro di Berlino e quanto gli sia stato doloroso riconciliare la terribile realtà storica con la purezza sempre viva del suo ideale di un comunismo “diverso”. Ho ritrovato questo conflitto così straziante per lui nella pubblicazione recente di un inedito e inusuale “dialogo-intervista” con Ferdinando Camon, un testo che mio padre non aveva voluto pubblicare in vita (e ne capisco le ragioni) e che è ora uscito come testimonianza storica con il titolo Tentativo di dialogo sul comunismo, a cura di Alberto Olivetti. Un altro testo autobiografico recente, molto toccante, è il libro Memoria, un altro inedito pobblicato dopo la sua morte, scritto di getto. Era tra le sue carte conservate all’archivio del CRS.

Come figlia, ho vissuto vicino a lui i suoi tormenti interiori tra la fedeltà al suo ideale comunista, sempre vivo, ma come purificato e spogliato dalle brutture della storia, e la faticosa, straziante presa d’atto del comunismo reale e delle sue terribili tragedie. Non abbiamo parlato molto, ma lo vedevo nel suo viso e lo leggevo nella sua vita quotidiana. Io sono stata comunista da ragazza, ma mi sono staccata presto dalla visione comunista e ho letto tanto sugli orrori del totalitarismo da vaccinarmi per sempre dal sogno comunista. Ancora oggi mi chiedo come abbiano fatto a non vedere o a vedere e per così dire “non sapere”.

Bruno Trentin

Mio padre aveva la sua forte purezza di cuore e di ideali e si confrontava con un Italia durissima,  che era segnata da disuguaglianze ancora quasi feudali. Ettore Scola ci raccontava sempre di un discorso di mio padre in cui mio padre predicava ai giovani contadini, che non dovevano togliersi il cappello quando passavano i signori. Sappiamo quanto la disuguaglianza è ancora oggi un tema presente, di primo piano nel nostro mondo. Papà aveva un attaccamento fortissimo alle istituzioni democratiche. Quello che tu scrivi di lui e di Bruno [Trentin – n.d.r.] è verissimo; sentivano il partito come un canale di comunicazione e di formazione essenziale nella democrazia. Pur senza nessuna nostalgia per il PCI di un tempo, oggi che questo canale partitico è così usurato, ne sentiamo i guasti. Nella prospettiva lunga della storia, penso che uomini come mio padre e Trentin abbiano svolto un ruolo fondamentale nella costruzione dell’Italia democratica, anche oltre gli errori ideologici così evidenti nel vecchio PCI.

Grazie ancora, caro Pietro, e un augurio di buon lavoro e tanta serenità nella vita.

Bruna

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