È quello del Comune di Fossano, Cristina Ballario, che con il proprio impegno personale diretto ha dato vita a un network di informazione e orientamento attraverso il quale quasi 500 persone hanno trovato occupazione
Articolo di Vera Trissani, 22 febbraio 2019 – L’articolo è preceduto dal link a un’intervista all’assessore Cristina Ballario pubblicata sul periodico fossanese la Fedeltà, gennaio 2019 – Sull’importanza decisiva dei servizi di orientamento scolastico e professionale v. anche, ultimamente, il mio intervento Come si contrasta la disoccupazione giovanile
Scarica l’intervista a Cristina Ballario pubblicata da la Fedeltà, in formato pdf
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IL COMMENTO
A Fossano, una cittadina in provincia di Cuneo, l’Assessore al Lavoro di una Giunta di centro-sinistra – Cristina Ballario – si è messo in gioco direttamente, organizzando e seguendo assiduamente una rete di orientamento, informazione e accompagnamento che ha saputo prendersi in carico i disoccupati che cercavano aiuto in Comune (più di 500 dal 2016), col risultato di risolvere più del 90% dei casi. L’allegata intervista, uscita recentemente su un giornale locale, spiega bene come l’Assessore abbia saputo organizzare questa rete. Molto significativa è anche la storia di uno degli utenti che grazie a questo servizio ha potuto ritrovare una occupazione (la si può leggere nel riquadro sotto la foto, di fianco all’intervista).
Qualcuno obietterà che Cristina Ballario è andata al di là del proprio ruolo, perché un assessore non deve fare (per questo ci sono gli Uffici e i vari Enti), ma solo dare gli indirizzi. Fortunatamente però nei nostri Comuni ci sono ancora tanti Sindaci e Assessori che non si preoccupano della teoria o della forma, ma di fare, di risolvere i problemi dei propri cittadini. Così lei, capito che c’era il problema, che le cose non funzionavano, ha deciso di fornire la sua esperienza (è coordinatrice presso il locale CNOS-FAP dei Salesiani, ora in aspettativa per un impegno in Comune che svolge più che a tempo pieno). E la cosa interessante è che il “lavoro diretto” non richiesto che ha svolto, cioè i colloqui con i disoccupati, è stato l’elemento determinante del successo: per la sua capacità di capire competenze, attitudini e motivazioni delle persone, ma soprattutto perché, mettendoci la faccia, diventava il punto di riferimento delle persone stesse, le quali quando trovavano un intoppo nel processo tornavano da lei. Così acquisiva conoscenza di prima mano sui problemi, e, prima che a risolvere i casi singoli, poteva dedicarsi a far “funzionare la macchina”.
Facciamo una piccola proporzione: i circa 500 disoccupati riavviati al lavoro su 25.000 abitanti, sui 60 milioni di italiani corrispondono a circa 1.200.000 persone: più del famoso milione col quale i politici di ogni colore tentano di imbonire gli Italiani. Basterebbe aiutare o almeno lasciar lavorare le tante Cristine Ballario che fortunatamente ci sono ancora nel nostro Paese. E magari valorizzare il loro lavoro, diffondere queste esperienze aiutando altre realtà locali a migliorare i servizi forniti ai cittadini.
È indubbio che la scarsa efficacia del supporto a chi è in cerca di occupazione sia una delle grandi criticità italiane: le organizzazioni che dovrebbero farsi carico di questo supporto, dai Centri per l’Impiego agli Enti di Formazione, troppo spesso si dimostrano inadeguate nel fornire servizi per favorire l’incontro fra domanda e offerta e in generale nell’aiutare i lavoratori a muoversi proattivamente nel mercato del lavoro, cosa che – sappiamo – è sempre più importante nella società della conoscenza. Se da un lato infatti la globalizzazione e l’innovazione tecnologica strano distruggendo in Occidente milioni di posti di lavoro, dall’altro mai come adesso nascono nuove opportunità, che purtroppo, in Italia più che altrove, non trovano risorse preparate, in primo luogo perché neanche consapevoli.
Di questa criticità ha grande responsabilità la politica e in particolare la sinistra, che dovrebbe avere nel suo DNA la comprensione dell’evoluzione dei problemi del mondo del lavoro e l’attenzione ai più deboli, gli outsiders, quelli che da questo mondo sono esclusi perché non sono ancora riusciti a entrarvi o perché ne sono stati espulsi. Così, anche quando si sono fatte scelte coraggiose, come l’abolizione dell’Articolo 18, cercando di uscire da una cultura di job property che ostacola il cambiamento e impedisce di cogliere le nuove opportunità, anche perché frena chi vorrebbe e potrebbe cercare lavori nuovi e più interessanti per lui, poi le si è lasciate “zoppe”, non sviluppando l’altra “gamba” fondamentale, quella appunto delle politiche attive del lavoro. Errore tanto più grave perché ha lasciato campo libero al governo attuale, che si dimostra ancora più inadeguato, puntando tutto sul Reddito di Cittadinanza, che nel frenare l’iniziativa di ricerca di nuove opportunità è ancora peggio (l’articolo 18 spingeva a “sedersi”, ma almeno a sedersi su un lavoro!). E anche quando capisce che di politiche attive bisogna occuparsi, inventa le soluzioni più fantasiose, come i 6.000 navigator, precari fino a ieri disoccupati che dovranno risolvere il problema di milioni di disoccupati italiani, o una magica app (come probabilmente ce ne sono migliaia nel mondo, e anche in Italia) che sarà portata qui dal suo ideatore, nuovo super-esperto messo a capo dell’Ampal.
Eppure le best practices sono ben più vicine a noi, non solo in Europa, in particolare quella del Nord (perché non replicare per la direzione dei Centri per l’Impiego la scelta fatta dal Ministro Franceschini per i Musei: un bando europeo, scelta che come sappiamo ha prodotto risultati veramente significativi?), ma anche in Italia. E come nella miglior tradizione del nostro Paese, sono esperienze che nascono “dal basso”, sovente senza grandi risorse, senza fare rumore, solo grazie all’impegno, alla dedizione, al genio di tanti Italiani, al solito grandi poeti, santi e navigatori, in questo caso fortunatamente navigator esperti, capaci di seguire con determinazione la rotta giusta.
Questa in particolare dovrebbe essere una priorità per il PD, che continua ad avere sul territorio amministrazioni capaci di raggiungere questi risultati, ma a volte sembra non accorgersene, preso com’è dai suoi dibattiti e le sue polemiche interne. Torna alla mente il commento fatto anni fa da Giorgio Tonini (allora lui parlava più in generale di ricette di politica economica): “…questa è la prova che abbiamo nella nostra cassetta degli attrezzi tutti gli arnesi che servono a riparare l’Italia e a rimetterla in marcia. La prova che oltre agli attrezzi, abbiamo anche il coraggio di usarli, quella la dobbiamo dare noi”. Esperienze come quella descritta e amministratori locali come Cristina Ballario potrebbero portare un grande contributo al PD, che dovrebbe valorizzarle, per cercare di riconnettersi con la realtà, per ricominciare a occuparsi davvero dei più deboli, per capire come essere sinistra nel terzo millennio, per cercare di arrestare un declino sempre più preoccupante.
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