Vergogna e indignazione sono i sentimenti che si provano di fronte all’esplosione della crisi provocata dal Governo italiano nei confronti della Francia
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Nota di Antonio Padoa Schioppa, già preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano – Dello stesso v. anche, ultimamente, su questo sito, Perché l’Europa .
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Vergogna e indignazione. Questi sono i sentimenti che si provano di fronte all’esplosione della crisi provocata dal governo italiano nei confronti della Francia. Un crescendo di accuse pubblicamente proclamate dai due vicepresidenti del Consiglio su questioni estranee alle loro funzioni istituzionali; incontri a Parigi con personaggi che avevano appena ieri auspicato la rimozione del presidente francese in carica; abbandono di ogni norma di correttezza. Abbiamo assistito a una serie di comportamenti volutamente provocatori. Tutto questo non poteva non suscitare alla fine una reazione formale da parte del Paese vicino. Una reazione che si direbbe voluta, provocata ad arte, per creare un nemico secondo la tradizione consolidata dei demagoghi in cerca di capri espiatori dei loro propri errori; ma c’è anche il fondato sospetto di una smodata pulsione da parte dei nostri governanti, ossessionati dalla rincorsa a qualche voto in più alle prossime elezioni europee.
Il richiamo per consultazioni dell’ambasciatore di Francia a Roma è un gesto senza precedenti tra Paesi alleati ed ancor più drammatico perché messo in atto tra due Stati fondatori dell’Unione europea, strettamente legati per mille fili. Da tre quarti di secolo l’Europa non aveva più conosciuto toni e accenti ostili come questi.
La responsabilità è del governo italiano. Infatti ciò che va valutato non è chi abbia ragione e chi torto su uno o su più singoli casi, che sia la Tav o che siano i cantieri navali, che sia il valico di Ventimiglia o l’accoglienza di un barcone di immigrati o la situazione in Libia o in Tunisia. Casi analoghi si verificano continuamente tra Paesi vicini e per di più già profondamente integrati tra loro, specie in fasi delicate e difficili dell’economia e del fenomeno migratorio come è la fase attuale. Tali dossiers si risolvono con contatti diretti, fuori dalla ribalta, con negoziati anche faticosi e difficili, come già tante volte è avvenuto anche in un passato recente. Altra cosa, completamente diversa, è aggredire pubblicamente in modo verbalmente violento il governo di un Paese vicino, provocandone inevitabilmente, prima o poi, la reazione.
È quello che i due nostri vicepresidenti del Consiglio hanno fatto e stanno facendo. Contro gli interessi delle nostre imprese e dell’economia (il rapporto a nostro favore dell’enorme interscambio nostro con la Francia è di 10 miliardi), contro il governo in comune dell’Unione europea, contro la cultura, contro i rapporti consolidati di amicizia tra i nostri due Paesi. Chi ha dato origine alla crisi sta agendo sconsideratamente contro l’interesse nazionale. Per dei campioni del sovranismo, autoproclamatisi difensori dell’interesse nazionale, davvero un bel risultato.
I rischi connessi con questo modo di agire sono altissimi. Le tossine messe in circolo cercando l’applauso delle folle non solo circolano, deliberatamente amplificate dai media, ma si diffondono e sono poi molto difficili da smaltire. Si rischia di innescare un processo, un’escalation di ostilità, se non di vero e proprio odio – la storia insegna – che non sarà facile svelenire. Anzi: va detto, perché è la verità, che simili strumenti di mobilitazione dell’opinione pubblica hanno talora condotto in passato sino alle soglie di un impiego della forza.
Che fare, come reagire a questa deriva tanto pericolosa?
E’ necessario che vi sia una reazione da parte dell’opinione pubblica italiana. Che le Università, le Accademie, gli stessi comuni (si pensi solo ai tanti comuni nostri gemellati con la Francia!), gli ordini professionali, le imprese e lo loro organizzazioni e i sindacati diffondano dichiarazioni per ribadire l’amicizia con la Francia. Sarebbe bello che vi fossero anche prese di posizione comuni in tal senso tra rappresentanti di organizzazioni parallele dei due Paesi. Ed è auspicabile che tra gli intellettuali vi sia chi denunci questo tradimento non solo della correttezza ma della cultura, che mette a rischio lo spirito e dunque il futuro stesso dell’Unione europea. Solo così la nube tossica potrà dissolversi.
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