Presentazione un pubblico di lettori francesi delle due anime della Cgil rappresentate dal nuovo segretario generale e dal nuovo vice-segretario
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Intervista a cura di Francesco Maselli, pubblicata sul quotidiano francese l’Opinion il 24 gennaio 2019 con alcuni tagli per motivi di spazio – In argomento v. anche la mia Lettera al nuovo segretario della Cgil .
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Professor Ichino, che cosa pensa di questo congresso della Cgil? In cosa è diverso rispetto ai cambi di dirigenza precedenti?
La diversità più appariscente sta nel fatto che per la prima volta, a memoria d’uomo, il congresso si è aperto non solo senza la certezza di chi verrà eletto segretario generale, ma addirittura in una situazione di totale incertezza. L’esito è stato incerto fino alla fine.
Qual è la differenza tra i due candidati?
Sul piano personale i due candidati, pur avendo diverse radici comuni, sono molto diversi tra loro. Sono quasi coetanei, entrambi emiliani, entrambi ex-operai con una lunga militanza nel sindacato dei metalmeccanici, del quale sono stati entrambi dirigenti; però Vincenzo Colla, che ora è diventato vice-segretario generale, è più pacato, più attento a comprendere le ragioni degli interlocutori, per altro verso un po’ meno telegenico; Maurizio Landini, il nuovo segretario generale, è più aggressivo, dotato di un’oratoria capace di trascinare le platee, ed è uno che “buca lo schermo. Ma quella che più conta è la differenza tra gli orientamenti che hanno rappresentato in questa campagna congressuale.
Quali orientamenti?
Landini, pur avendo nettamente attenuato i toni negli ultimi due anni, rappresenta l’anima che nell’ultimo decennio ha prevalso nella Cgil: massimalista sul piano programmatico e direttamente impegnata sul piano politico. È la Cgil che ha presentato un disegno di legge di iniziativa popolare per una Carta dei diritti universali dei lavoratori e delle lavoratrici di contenuto diametralmente opposto rispetto alle scelte che sul terreno della politica del lavoro stava compiendo il Pd nella passata legislatura; poi ha promosso il referendum contro la riforma del lavoro del 2014-15, per attaccare frontalmente il Governo a guida Pd. È la Cgil che proprio con Maurizio Landini tra il 2013 e il 2015 è parsa prepararsi a lanciare un movimento politico vero e proprio.
E Vincenzo Colla?
Colla rappresenta invece l’anima più schiettamente sindacale della Cgil, e al tempo stesso la tendenza più favorevole all’unità con le altre due confederazioni maggiori, Cisl e Uil. Incarna molto più di Landini la tradizione di Giuseppe Di Vittorio, di Luciano Lama, di Bruno Trentin.
Secondo lei i sindacati riusciranno a liberarsi dall’ipoteca costituita dal fatto di avere una maggioranza di iscritti pensionati?
Questo dato non sarebbe di per sé un impedimento a uno svolgimento efficace del loro ruolo di sindacati. E non c’è nulla di male nel fatto che una stessa organizzazione curi la rappresentanza di lavoratori in attività e lavoratori in quiescenza. La cosa che dovrebbe preoccupare di più è che nel Paese, non solo nelle confederazioni sindacali, i pensionati stiano avviandosi a diventare più numerosi dei lavoratori in attività…
… con grave rischio per il bilancio previdenziale.
Appunto: proprio questo rischio dovrebbe spingere le grandi confederazioni, in quanto rappresentanti anche dei pensionati, a difendere la riforma pensionistica del 2011 e a proporsi di contrastare la lenta ma costante riduzione del rapporto tra lavoratori attivi e in quiescenza. Invece, pur con tutti i pensionati che rappresenta, paradossalmente la Cgil è sempre stata ostile a quella riforma, e lo è ancora oggi.
Come mai il sindacato italiano ha retto meglio la crisi che ha colpito i corpi intermedi rispetto ad altri sindacati europei?
Non so se ha retto meglio questa crisi. Certo è che il sindacato in Italia, nell’ultimo mezzo secolo, è sempre stato più forte di quanto non sia in molti altri Paesi, dentro e fuori della UE. E beneficia di una legislazione di sostegno nei luoghi di lavoro che non è stata intaccata dalle riforme dell’ultimo ventennio.
L’atteggiamento di poca considerazione del Governo attuale nei confronti del sindacato è davvero una novità oppure possiamo considerarlo come normale dialettica politica?
Se si riferisce alla fine della stagione della concertazione tra Governo e confederazioni sindacali maggiori, quella stagione è morta e sepolta già da un decennio. Perché la concertazione può funzionare soltanto se tra Governo e sindacati c’è una comunanza di vedute almeno sui grandi obiettivi di politica economica da raggiungere e i vincoli da rispettare: è questa comunanza che è venuta meno già da tempo e difficilmente potrà rinascere, almeno nelle forme in cui l’abbiamo vista fiorire negli anni ’90. Quanto al Governo attuale, in realtà nei mesi scorsi il ministro del Lavoro ha ristabilito rapporti di consultazione molto stretti con la Cgil guidata da Susanna Camusso e i suoi esperti di diritto del lavoro: molte parti del decreto n. 87 dello scorso anno, quello sul lavoro che hanno voluto chiamare “decreto Dignità”, sono state scritte sotto la dettatura di questi ultimi.
La segretaria uscente della Cgil, però, attacca duramente la politica economica di questo nuovo Governo.
Sì: si stanno rendendo conto che la legge finanziaria appena varata è molto dannosa non solo per i conti pubblici, ma anche per l’intera economia nazionale. Resta il fatto che sul “decreto Dignità”, dietro le quinte, hanno lavorato insieme.
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