UN ITINERARIO ESISTENZIALE E POLITICO INCONSUETO

“Come le inquietudini di un cattolicesimo preconciliare si incanalano e diventano feconde di azione sociale e umana”

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Recensione de
La casa nella pineta a cura di Giovanna Melis pubblicata sul numero 5/6/2018 della rivista Rinascere, organo bimestrale del movimento Rinascita Cristiana – Le altre recensioni dello stesso libro sono facilmente reperibili attraverso la pagina web ad esso dedicata .
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Galileo Chini, La pineta

“La preoccupazione principale del bisnonno Giovanbattista era scongiurare ogni possibile litigio tra i figli per la divisione”. Si tratta della eredità della casa nella pineta, amata da tutti e fino a quel momento condivisa, e dei terreni a pineta che la circondano: una questione, in fondo, di rilevanza abbastanza modesta, eppure quante insanabili liti familiari possono nascere dalla divisione di eredità anche minori! E nella saggia decisione di procedere per sorteggio si annuncia già il clima familiare affettuoso, rispettoso dei diritti di tutti, privo di avidità e di acrimonia, che rimane costante nel corso delle pagine di questa autobiografia. E infatti la casa nella pineta resterà in qualche modo una, pur dividendosi in cinque.

È anche grazie a questa impostazione familiare che Pietro Ichino ha potuto attraversare con sufficiente serenità anni di impegno politico e sociale, spesso difficili, a volte drammatici, come quelli vissuti al tempo dell’assassinio di Calabresi (1972) e più tardi, nei primi anni ottanta, quando è costretto a una vita sotto scorta per le sue posizioni politiche in qualità di parlamentare e le sue convinzioni di giuslavorista indipendente, e nell’ 83 vivere senza eccessiva amarezza la mancata rielezione al Parlamento, facendo anzi proprio, ancora una volta, l’insegnamento prezioso della nonna Paola “Quando ci accade qualcosa che non avremmo desiderato, c’è quasi sempre un aspetto positivo: tutto sta nel trovarlo e nel saperlo valorizzare”.

A rendere più profondo, a dare maggiore spessore a questo atteggiamento benevolo e ottimista, è però, già nella nonna Paola, nata in una famiglia ebrea e convertitasi al cattolicesimo per intima e profonda convinzione, l’incontro con un cristianesimo autenticamente e appassionatamente vissuto.

Già negli anni cinquanta Paola fa parte di un gruppo di Rinascita Cristiana che ha come assistente spirituale Padre Dauchy e attraverso di lei l’impegno si trasmette alla figlia Francesca che, scrive Ichino, fu attiva per un quarto di secolo in un movimento che era destinato a svolgere un ruolo molto importante nella sua vita. Grazie ai gruppi di Rinascita, a padre Dauchy e più ancora all’assistente padre Acchiappati, le inquietudini di un cattolicesimo preconciliare si incanalano e diventano feconde di azione sociale e umana. Francesca e il suo gruppo si impegnano in prima persona nella collaborazione con il Tribunale per i minorenni per la collocazione dei bambini ricoverati negli orfanotrofi presso famiglie affidatarie, coinvolgendo anche i figli che ne ricavano una forte spinta morale a spendersi per gli altri. Il lavoro di Pietro Ichino nel sindacato è frutto anche di questo esempio materno , oltre che del contatto con l’esperienza e l’insegnamento più radicale di don Lorenzo Milani, amico e ospite della famiglia. Una famiglia “borghese”, come l’autore precisa nel sottotitolo, in cui la propria condizione sociale viene vissuta con senso di responsabilità, apertura al mondo, sobrietà laboriosa. A Pietro bambino che domanda, di fronte al rifiuto di un acquisto superfluo “ma noi siamo ricchi o poveri?” Francesca risponde “non siamo né ricchi né poveri, siamo una famiglia agiata. Ma se non vogliamo diventare poveri dobbiamo stare attenti a non fare sprechi”. In un epoca di inutili, e a volte colpevoli, sfoggi di ricchezze fasulle, anche questo modesto insegnamento potrebbe essere un primo passo verso stili di vita più responsabili.

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