Ho sempre denunciato come un’ingiustizia nei confronti delle nuove generazioni il fatto che la mia goda di rendite di quiescenza sproporzionate rispetto ai contributi versati – Non cambio certo idea ora che il Senato ha tagliato la mia rendita quasi del 40%; ma denunci0 la grave incoerenza del Governo, che sulle pensioni Inps ripristina quell’ingiustizia
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Lettera pervenuta l’11 dicembre 2018 – Segue la mia risposta, nella quale sono indicati i miei interventi precedenti sulla questione.
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Caro professore, […] sento parlare di taglio delle pensioni sopra i 90.000 euro annui; e mi risulta che anche i vitalizi degli ex-senatori, come quelli degli ex-deputati, siano stati già tagliati. So che il presidente dell’Inps Boeri è sostanzialmente favorevole a questo taglio; sono curioso di sapere che cosa ne pensa lei. Preciso che la cosa mi interessa personalmente, godendo come ex-dirigente di una pensione che supera, sia pur di poco, quella soglia.
Dante Formia
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LA MIA RISPOSTA
Ho dato conto in modo puntuale del mio pensiero su questo tema nel corso della passata legislatura:
– sottoscrivendo nell’estate 2013 il progetto Cazzola-Ichino-Tinagli, che mirava a istituire un contributo a carico della parte non effettivamente guadagnata delle pensioni più elevate;
– l’anno dopo con un articolo apparso sul Corriere della Sera nell’agosto 2013, Le pensioni d’oro che vanno tosate (e come farlo), nel quale sostenevo l’equità di un provvedimento che riducesse la parte dei trattamenti Inps medio-alti non corrispondente ai contributi versati;
– nel novembre 2014 con una nota tecnica riferita ai vitalizi della Regione Lazio: Il vitalizio non costituisce un diritto acquisito; mi sono occupato della cosa perché, in qualità di avvocato, ho difeso gratuitamente (e per ora sempre con successo) la Regione Lazio nei procedimenti giudiziali promossi contro la stessa da ex-consiglieri regionali ai quali erano state applicate alcune misure riduttive del trattamento;
– nel novembre 2015 con un editoriale telegrafico, Perché Renzi dice no a Boeri, nel quale spiegavo le ragioni di opportunità che inducevano il Governo Renzi a non procedere sulla strada del taglio della parte non guadagnata delle pensioni più alte: a parte le difficoltà pratiche del ricalcolo, dagli studi disponibili emergeva che “imporre un contributo sulla parte non guadagnata delle pensioni d’oro potrebbe fruttare al massimo un miliardo; ma costerebbe molto di più in termini di percezione diffusa di una perdurante instabilità del sistema, quindi di ritardo nel recupero della necessaria fiducia dei consumatori”;
– nel settembre 2016 con un editoriale telegrafico: Non per cassa, ma per equità, tagliare almeno il di più dei vitalizi futuri.
– nel luglio dell’anno scorso su questo sito con ben due editoriali telegrafici: I vitalizi d’oro che alimentano l’odio contro la “casta”, e Vitalizi: chi li ha bloccati davvero e chi conserva i privilegi.
Nei giorni scorsi mi è stato comunicato dal Senato che il vitalizio di cui godo dalla fine del mio mandato parlamentare, riferito alle tre legislature nelle quali sono stato deputato (1979-1983) o senatore (2008-2018), è stato ridotto da 4.352,01 euro lordi mensili a 2.668,07. Per tutti i motivi esposti nelle mie prese di posizione sopra citate, mi guarderò bene dal presentare ricorso contro questa misura che mi è stata applicata, nonostante che essa sia molto più drastica delle misure che a suo tempo avevo proposto. Mi sembra che in una crisi drammatica del debito pubblico quale quella che stiamo attraversando anche una misura di questa severità debba essere accettata. Dubito, però, che il Governo giallo-verde applicherà davvero la stessa severità anche nei confronti delle “pensioni d’oro” di fonte non parlamentare. E osservo che, tutt’al contrario, con le misure annunciate volte a “smontare la legge Fornero”, il Governo sta puntando a un clamoroso ripristino dell’ingiustizia intergenerazionale che la legge Fornero ha inteso correggere. (p.i.)
P.S. – Un’osservazione tecnica aggiuntiva: sui contributi versati fino al 2011 per il vitalizio parlamentare ho sempre pagato l’Irpef, a differenza di quanto accade normalmente per i contributi pensionistici, che sono esenti da questa imposta: la differenza di trattamento fiscale era giustificata proprio dalla considerazione della diversa natura che il vitalizio parlamentare aveva conservato fino a quell’anno, rispetto al trattamento pensionistico ordinario. Nel momento in cui invece il trattamento di quiescenza parlamentare viene equiparato in tutto e per tutto a un trattamento pensionistico di tipo assicurativo ordinario anche per la parte maturata fino al 2011, mi parrebbe equo che lo Stato mi restituisse l’Irpef pagata sui contributi versati fino a quell’anno. Ma sono certo che il Governo giallo-verde non si spingerà a questo, anche perché i parlamentari che formano la sua maggioranza sono stati quasi tutti eletti dopo il 2011.
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