MINNITI, RENZI, E IL VENTO ANTI-ESTABLISHMENT

L’Italia sta vivendo un passaggio drammatico, dovuto non tanto ai difetti delle politiche seguite dai Governi Renzi e Gentiloni, quanto a un fenomeno politico planetario che sta investendo l’intero Occidente – Indispensabile un Pd forte e unito

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Primo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 490, 6 dicembre 2018 – In argomento v. anche Un’agenda per la nuova sinistra

 

Mi chiedono in molti un giudizio sui preannunci di scissione di Renzi dal Pd, sulla rinuncia di Minniti alla competizione congressuale e sulle mie scelte future. Sul primo punto: giudizio negativo. Sul secondo e terzo punto: penso che il congresso serva a fare chiarezza su questo punto cruciale: il Pd deve mantenersi sulla linea della riforma istituzionale, della politica economica, del lavoro, della scuola, seguita con i Governi Renzi e Gentiloni, anzi aggiornarla e rilanciarla con maggiore determinazione e coerenza, oppure invece deve farne pubblica ammenda, sul presupposto che proprio quella politica sia la causa prima del risultato elettorale del 4 marzo scorso? Cerco di spiegare perché considero quest’ultima posizione sbagliata, e voterò per chi sosterrà la prima. In realtà, il vento anti-establishment che in Italia ha soffiato impetuosamente nelle vele del M5S e della Lega è lo stesso che in Gran Bretagna ha prodotto la Brexit, negli USA ha portato Trump alla Casa Bianca, ha rafforzato enormemente i populisti in Francia, Spagna, Germania, Austria e Polonia. In nessuno di questi Paesi hanno operato né Renzi né Gentiloni. Questo vento planetario è con tutta probabilità la reazione al ventennio di globalizzazione che ha raddoppiato il reddito dei tre quarti più poveri del mondo, ma nel quarto più ricco – cioè in Europa e nord-America – ha avuto contraccolpi economici ansiogeni, con benefici complessivi minori (sto citando Milanovic, ovviamente). In Italia, per di più, questo vento è stato rafforzato dalla vicenda traumatica del 2011-2012, che ha visto il nostro Paese accorgersi improvvisamente di non poter andare avanti, come nel trentennio precedente, spendendo 30 miliardi di euro all’anno più di quanto produceva. Con il conseguente rattrappimento della spesa pubblica, diffusamente percepito come un “attentato ai diritti”, mentre era in realtà l’unico modo per salvare il salvabile. Proprio in questi giorni gli italiani stanno capendo quanto sia stato necessario e giusto fare quello che hanno fatto sia il Governo Monti, sia i Governi Renzi e Gentiloni.

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