Il deficit torna verso l’1,8%, il reddito di cittadinanza si riduce a un restyling del ReI, quota 100 diventa quota 104 e solo per un anno sperimentale… insomma, abbiamo scherzato! Ma lo scherzo ci è già costato una perdita di miliardi e, soprattutto, di credibilità
.
Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 490, 10 dicembre 2018 – In argomento v. anche l’editoriale telegrafico del 29 ottobre, L’imprudenza, la presunzione e la cattiva politica; e quello del 1° ottobre, Deficit al 2,4%: non è fattibile, ma il solo annuncio fa già danni gravi .
.
“Non sono i decimali di punto che ci interessano, ma la sostanza del programma”, tuona il (vice)premier Salvini. Così, visto che non sono i decimali che ci interessano, il deficit programmato può scendere da 2,4 a 2, per arrivare probabilmente tra una settimana all’1,8 che doveva essere fin dal maggio scorso secondo l’impegno preso formalmente dall’Italia verso la UE. E la sostanza del programma? Per riportare il deficit programmato entro il limite dovuto, il “reddito di cittadinanza” si riduce a un restyling del reddito di inserimento già varato dal Governo Gentiloni; e a buon conto slitta a giugno 2019 e si riduce nella durata a poco più di un anno. La “soppressione della legge Fornero” si riduce a un restyling zoppicante dell’APE, l’anticipo pensionistico già varato dal Governo Gentiloni, con “quota 100” che diventa “quota 104”, ma forse alla fine “105”, e solo “in via sperimentale” per il prossimo anno. Quanto alla “flat tax”, di quella si è smesso di parlare fin da ottobre: è stata sostituita subito da un incentivo fiscale per il lavoro autonomo giovanile. Tra mille contorsioni e al termine di un doloroso travaglio, la montagna sta dunque partorendo tre topolini. I proclami roboanti contro l’Unione Europea lasciano il posto a una ingloriosa retromarcia. Abbiamo scherzato! Già. Però questo scherzo, tanto per cominciare, ci è costato un deprezzamento dei titoli del debito pubblico, una minaccia di crisi bancaria, un aumento del costo del denaro per le imprese e per i consumatori, una conseguente gelata sulle attese degli operatori economici che ha reso più brusca la frenata dell’economia nazionale indotta da fattori internazionali. Insomma, quello scherzo ci è già costato molti miliardi. Ma il costo più grave è quello che stiamo pagando sul piano della credibilità dell’Italia, perché abbiamo mostrato di essere pronti a considerare gli impegni come carta straccia. E la credibilità, come l’onorabilità, ci vogliono anni per conquistarla, ma per perderla basta un giorno.