Quando i demagoghi vanno al potere, i loro stessi programmi irrealizzabili diventano la loro punizione; ma perché questo avvenga occorre che restino al potere almeno il tempo necessario per esser messi alla prova
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 488, 12 novembre 2018 – In argomento v. anche l’editoriale telegrafico della settimana scorsa: L’imprudenza, la presunzione e la cattiva politica .
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Martedì scorso, quando è parso che sui temi “sicurezza” e “prescrizione” la maggioranza giallo-verde fosse lì lì per andare in pezzi, la mia prima reazione è stata di sollievo: se il Governo cade, niente contro-riforma delle pensioni, niente finanza allegra col deficit fuori controllo, niente scontro con la UE; e i lavori per la TAV Torino-Lione continuano secondo gli accordi con la Francia. Però su questo senso di sollievo si è subito sovrapposta una preoccupazione: se la crisi si apre in questi giorni, chi ha votato M5S o ha votato Lega resterà convinto che le rispettive folli promesse elettorali rientrino nel novero delle cose buone realizzabili, e che solo un incidente di percorso ne abbia impedito l’adempimento. Per dirla altrimenti: se il tessuto democratico regge, quando i demagoghi vanno al potere i loro stessi programmi mirabolanti e irrealizzabili diventano la loro punizione; ma perché questo avvenga occorre che restino al potere almeno il tempo necessario per esser messi alla prova, cioè – in questo caso – perché venga varata la loro legge finanziaria e se ne sperimentino almeno i primi effetti. Solo così ci si può attendere che maturino gli anticorpi necessari contro infantilismi politici ed estremismi di ogni segno e colore. Altrimenti, le contrapposizioni si incancreniscono e il sistema politico rischia l’entropia.
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