“[…] Pietro Ichino mescola le sue vicende con quelle italiane. L’autobiografia del giuslavorista è solo un modo per raccontare gli slanci conciliari e quelli del centrosinistra, l’antagonismo di classe e le minacce delle Brigate Rosse, l’impegno sindacale e quello politico (dal Pci al Pd), l’ansia di riforme e le cocenti delusioni. […]”
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Recensione di Achille Scalabrin al libro La casa nella pineta, pubblicata sul Quotidiano Nazionale il 27 maggio 2018 – Tutti gli altri documenti, commenti e interventi relativi al libro La casa nella pineta sono raccolti nella pagina a esso dedicata .
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Le pagine dedicate a don Milani sono tra le più belle di questo libro, che è sì storia di famiglia, ma soprattutto storia del 900, di uomini e donne che cercano di dare un bel futuro al Paese. Il priore di Barbiana è uno di questi, ed essendo amico di famiglia – alto-borghese, cattolica e tosco-lombarda – ecco che lo vediamo da vicino ne “La casa nella pineta” (Giunti), dove Pietro Ichino mescola le sue vicende con quelle italiane. L’autobiografia del giuslavorista è solo un modo per raccontare gli slanci conciliari e quelli del centrosinistra, l’antagonismo di classe e le minacce delle Brigate Rosse, l’impegno sindacale e quello politico (dal Pci al Pd), l’ansia di riforme e le cocenti delusioni. Così come l’ostracismo cui lo condanna il suo stesso partito, dopo aver bollate le idee eterodosse (rispetto alla linea) di Ichino in materia di lavoro.
Ma è soprattutto raccontando del clan Ichino-Pellizzi, dell’incursione milanese di don Milani con i suoi ragazzi, dell’impronta indelebile che questi lascerà in Pierino (così come viene indicato in “Lettera a una professoressa”), del rapporto con il padre, che Ichino dà a questa autobiografia anche un tocco poetico. E la casa nella pineta del Forte dei Marmi è il cuore che tutto tiene e tutto fa pulsare.
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