IL GOVERNO DEI SOVRANISTI E L’OPPOSIZIONE EUROPEISTA: UNA SVOLTA ANNUNCIATA

Un lettore osserva come il rivolgimento che si sta producendo nella politica italiana corrisponda esattamente alla previsione, pubblicata su questo sito cinque anni or sono, secondo cui il discrimine principale della politica italiana era destinato a spostarsi dallo spartiacque destra/sinistra a quello sovranisti/europeisti

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Lettera pervenuta il 19 maggio 2018; il mio scritto del 2013 cui la lettera si riferisce è
Una mappa per capire che cosa sta accadendo nella politica italiana Segue la mia risposta – Sull’argomento specifico v. anche il mio editoriale telegrafico del 22 gennaio 2018, La posta in gioco del 4 marzo; gli altri interventi e documenti sul tema generale del discrimine politico fondamentale sono raccolti nel portale Il nuovo spartiacque della politica mondiale .
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Caro professore, […] i fatti sembrano darle clamorosamente ragione: il Parlamento si sta dividendo esattamente sulla linea da lei indicata cinque anni fa. Il che mi induce a porle tre domande. Primo, perché non commenta questo fatto? Non accade tutti i giorni che le teorie politologiche abbiano conferme così nette in così poco tempo. Secondo, non pensa che, in questo contesto, sarebbe stato utilissimo un partito come Scelta Civica, a lavorare per rinsaldare l’alleanza tra gli europeisti e smussare gli spigoli tra la loro ala destra e la loro ala sinistra? Terzo, quali conseguenze ne trae per il futuro della politica italiana. […]
Franco Galimberti (Cologno Monzese)

Le quattro forze politiche principali in campo il 4 marzo 2018

1. Effettivamente, la sera del 4 marzo, quando hanno incominciato ad affluire i primi dati sugli exit-poll, la questione che mi pareva di gran lunga più rilevante per il futuro del Paese era se i seggi conquistati dai “sovranisti” (M5S e Lega) avrebbero superato o no i seggi dei due partiti europeisti (Pd e FI). Questo – come nel gennaio scorso era stato lucidamente indicato anche da Sergio Fabbrini – era l’interrogativo di gran lunga più importante cui le urne dovevano rispondere. Se il responso fosse stato nel senso della prevalenza dei seggi europeisti, oggi sulla rampa di lancio avremmo probabilmente un esecutivo Pd-FI, nonostante che entrambi questi partiti nella campagna elettorale abbiano insistito nel presentarsi come antagonisti, irrimediabilmente contrapposti sul fronte “invalicabile” (ancorché sempre valicato negli ultimi sei anni) destra/sinistra.

Il diagramma che proposi nel 2013

2. Nel gennaio 2013 Scelta Civica è nata proprio dalla convinzione che oggi lo spartiacque fondamentale della politica italiana (come di quella greca, di quella britannica, di quella francese, di quella tedesca, di quella spagnola, di quella olandese) corra tra europeisti e sovranisti, pro o contro la strategia dell’integrazione continentale; e che, su ciascuno dei due versanti divisi da questo spartiacque, destra e sinistra costituiscano soltanto due declinazioni diverse di quella scelta fondamentale. Senonché anche Scelta Civica, come ogni altro partito politico, aveva bisogno di una persona che ne incarnasse la filosofia, disposta a dedicare senza riserve la propria esistenza al partito e dotata delle capacità politiche necessarie. All’inizio era parso che Mario Monti potesse svolgere questo ruolo; ma lui non era un politico di professione e non aveva veramente intenzione di diventarlo. Quando questo incominciò a apparire e diventò sempre più evidente la mancanza di un capo del partito, la vecchia contrapposizione destra/sinistra tornò ad avere il sopravvento tra le componenti di SC: al Senato chi proveniva da destra (come Gabriele Albertini, Mario Mauro, Salvatore Di Maggio e alcuni altri) tornò in Forza Italia o nel Nuovo Centro Destra, chi proveniva da sinistra (tutta la parte restante del gruppo al Senato, Irene Tinagli, Andrea Romano e Gregorio Gitti alla Camera) tornò nel Partito Democratico. La conclusione che ne traggo è che in politica non bastano le idee giuste: occorre una leadership forte che dia loro le gambe per camminare.

3. La sfiducia di molta parte dell’opinione pubblica nella politica nasce anche dalla scollatura grave tra quello che i politici dicono e quello che fanno. Non deve stupire che il Pd e FI perdano voti dopo una campagna elettorale nel corso della quale hanno continuato imperterriti a presentarsi come forze tra loro antagoniste e inconciliabili perché l’uno “di sinistra” e l’altra “di destra”, quando invece sulla scelta fondamentale per il futuro del Paese – quella dell’integrazione europea – stanno dalla stessa parte: dalla stessa parte sono state anche nel 2011-2012 a sostegno del Governo Monti, poi nel 2013-2014 a sostegno del Governo Letta; dalla stessa parte stanno oggi, all’opposizione di un Governo che si preannuncia euro-scettico; e dalla stessa parte, a sostegno di un Governo di emergenza, sarebbero state anche all’indomani del 4 marzo, se i loro seggi sommati avessero prevalso su quelli dei sovranisti.

Una manifestazione a sostegno di Macron, con i tricolori francesi mescolati con le bandiere azzurre dell’UE

La contrapposizione destra/sinistra non è affatto “superata”; ma in questa stagione non è la contrapposizione fondamentale, quella decisiva per il futuro del Paese. Sta di fatto, tuttavia, che per superare il vecchio modo di intendere la contrapposizione destra/sinistra e far comprendere all’opinione pubblica l’importanza fondamentale della contrapposizione europeisti/sovranisti con le sue conseguenze reali, è indispensabile almeno un partito che ne sia convinto; e – come ho detto sopra – questo partito non può esistere senza un leader che, oltre a possedere le competenze politiche necessarie, sia capace di impersonare quella convinzione. Come è accaduto in Francia con Emmanuel Macron. Matteo Renzi oggi ha qualche difficoltà a presentarsi come il Macron italiano, dopo la sbandata dell’estate scorsa nella quale sostenne che si dovesse  “tornare a Maastricht”:  propose cioè un brusco “tornare indietro” rispetto al processo di integrazione europea, che potrebbe essere semmai la bandiera di un Di Maio o di un Salvini. Poi Renzi ha corretto questa sbandata; ma essa resta il segno del prevalere, nel suo comportamento politico più recente, della tattica sulla visione strategica. Spero che riesca a correggere questo difetto.
Altrimenti, possibili leader per un Pd che intenda porsi alla guida dello schieramento europeista sono Paolo Gentiloni, Carlo Calenda (tra i fondatori di Scelta Civica), Sergio Chiamparino, o Graziano Del Rio. A destra, per una FI che decidesse finalmente di tagliare i ponti con la Lega diventata la punta di diamante dei sovranisti, vedo per ora soltanto Antonio Tajani e (forse) Stefano Parisi.
Nel frattempo, in attesa che uno schieramento genuinamente ed esplicitamente europeista si formi e si consolidi, a salvarci dalla catastrofe di una deriva sovranista saranno soltanto le prese di posizione a denti stretti nel senso di una “continuità dell’appartenenza dell’Italia all’UE e al sistema della moneta unica” del capo del M5S Luigi Di Maio negli ultimi sei mesi, e i richiami fermi del Capo dello Stato alla coerenza con quelle prese di posizione. Anche queste sono probabilmente frutto di tatticismo; ma per quanto volatili siano le scelte programmatiche del M5S, finché il suo leader è Luigi Di Maio, fresco reduce delle sue
tournées a Bruxelles e alla city di Londra, è difficile che il nuovo Governo a trazione pentastellata possa compiere i colpi di testa propugnati, invece, dal “Garante” del Movimento, Beppe Grillo.    (p.i.)


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