Il ritratto autobiografico di una famiglia borghese del Novecento, che intreccia vicende personali e storia collettiva, ed è arricchito da affascinanti istantanee di personalità come quella di Don Milani, incontrato dall’autore nella sua infanzia
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Recensione di Antonella Stoppini pubblicata sul sito SoloLibri il 22 aprile 2018 – Per altri documenti e interventi sullo stesso tema v. la pagina dedicata a La casa nella pineta
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La casa nella pineta (Giunti, 2018, pp. 420, euro 18,00) è “la storia di una famiglia borghese del Novecento”, come recita il sottotitolo del recente volume di Pietro Ichino, nato a Milano nel 1949, giornalista pubblicista dal 1970, politico, avvocato e professore di Diritto del lavoro.
Il professor Giovanbattista Pellizzi aveva acquistato prima della Grande Guerra qualche ettaro di vigna lungo la spiaggia situata nella pineta di Forte dei Marmi
“nel tratto del litorale rimasto più selvatico e dal quale la vista sulle Apuane era più bella”
con una vecchia casa colonica e un’altra costruzione bassa a forma di elle che fungeva da forno, lavanderia, autorimessa e deposito attrezzi, adattata ad abitazione. Sul lato opposto rispetto alla spiaggia c’era una vecchia costruzione di tre piani, senza alcuna pretesa, che costituì la prima casa versiliese della sua famiglia. Poco dopo, nel 1919, Pellizzi costruì verso il mare una casa rivestita di mattoni rossi e finiture di marmo di Carrara, con un elegante terrazzo al primo piano, che dava proprio sulla spiaggia, e una torretta dalla quale la vista spaziava a trecentosessanta gradi da Livorno a Porto Venere, all’intero arco maestoso delle Apuane. Nel ’46, ormai ultraottantenne, Pellizzi decise di procedere alla divisione di quella sua amatissima tenuta. Disegnò cinque lotti, dei quali quattro dotati di una casa e uno molto più grande ma non confinante né con la spiaggia né con la retrostante via Mazzini, e soprattutto senza alcuna casa. Attraverso un sorteggio “guidato”, “il lotto del poverello” andò in sorte al figlio Carlo, il nonno dell’autore. La casa nella pineta che il nonno Carlo aveva immediatamente costruito sarebbe diventata la casa di villeggiatura, il luogo d’elezione e dell’anima di più generazioni, e la vera protagonista di questo romanzo.
Pietro Ichino, dirigente sindacale della FIOM-CGIL (1969-73), responsabile del Coordinamento servizi legali della Camera del Lavoro di Milano (1973-79), deputato nel Parlamento italiano nell’ottava legislatura (1979-83) e senatore dal 2008 al 2018, in questo racconto autobiografico intreccia abilmente le vicende familiari con la storia del nostro Paese dai primi anni del Secolo scorso fino alla scomparsa del padre avvenuta nel novembre del 1997. Nella primavera del 1962 gli Ichino avevano ricevuto una visita dell’amico don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana che aveva osservato il benessere che regnava nella bella casa milanese di via Giotto. Di fronte a tutta la famiglia riunita in salotto, il priore si era rivolto al tredicenne Pietro dicendogli:
“Per tutto questo non sei ancora in colpa; ma dal giorno in cui sarai maggiorenne, se non restituisci tutto, incomincia a essere peccato”.
Il futuro giurista, rimasto colpito dal monito di don Milani ne avrebbe fatto la linea guida della sua vita: si rifiutò di intraprendere la carriera di avvocato al fianco del padre Luciano per studiare il diritto del lavoro, dedicarsi al movimento sindacale e impegnarsi come giuslavorista in tempi e situazioni difficili.
Una lettura avvincente e sincera, narrata in prima persona, in cui traspare il grande rigore intellettuale dell’autore sia quando affrontava l’arduo impegno nel sindacato a fianco dei lavoratori, sia con la sua attiva presenza sui banchi della Camera dei Deputati e del Senato.
“Quando si arriva al punto in cui sono arrivato io, si cerca di sistemare i conti con il proprio passato e di saldare tutti i debiti, se ce ne sono”.
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