I voti perduti ritorneranno al Pd se si caratterizzerà con più forza come il partito degli europeisti e se porrà al centro del proprio discorso una proposta incisiva per il lavoro delle donne
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 475, 9 aprile 2018 – In argomento v. anche il il primo editoriale telegrafico e il fondo di Maurizio Ferrera, Il non voto di donne e “smarriti”.
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Di fronte all’aumento del 50 per cento dei voti al M5S il 4 marzo rispetto alle elezioni europee del 2014 e al dimezzamento dei voti del Pd, molti commentatori politici sono arrivati a preconizzare addirittura l’estinzione di quest’ultimo e un nuovo bipolarismo M5S/centrodestra. Pochi hanno, invece, messo in rilievo due dati assai importanti che emergono dalle analisi dei politologi e che consentono di prevedere anche scenari molto diversi. Il primo è costituito dalla grande volatilità del consenso elettorale, e non più solo al sud: come lo si perde facilmente, facilmente lo si recupera. Il secondo dato riguarda i nove milioni di astenuti: di questi “smarriti”, Maurizio Ferrera sulla base di un sondaggio recente ci informa (Corriere del 6 aprile) che: a) due terzi sono donne, per lo più escluse dal tessuto produttivo o in posizione marginale al suo interno; b) la maggioranza relativa è di orientamento centrista; c) tra quelli informati circa le questioni europee, la maggior parte vede favorevolmente il processo di integrazione dell’Italia nella UE. Insomma, poiché la volatilità dei consensi elettorali non è a senso unico e i margini sono molto ampi, lo spazio per un forte recupero futuro del Pd c’è, eccome.
Soprattutto se lo stesso Pd riesce a caratterizzarsi di più come il “polo degli europeisti”, di fronte alle ambiguità – per non dire peggio – degli altri due poli su questo spartiacque fondamentale; e se riesce a porre con chiarezza al centro del proprio discorso politico una proposta credibile e incisiva per il rafforzamento del welfare familiare e della posizione delle donne nel mercato del lavoro. Perché, per esempio, non ripartire dalla proposta di una grande “azione positiva” per la parità di genere nel tessuto produttivo, contenuta nel d.d.l. Morando del 2010 per la detassazione selettiva dei redditi di lavoro femminili?
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