IL PARADOSSO DEL PD PERDENTE, MA “AGO DELLA BILANCIA”

Il Pd può tornare al centro del gioco politico, assumendo il ruolo di misuratore dell’europeismo reale di ciascuno degli altri due poli

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Editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 473, 7 marzo 2018 – Sulla scelta pro o contro il processo di integrazione europea come discrimine fondamentale della politica, v. gli interventi e documenti raccolti nel portale Il nuovo spartiacque della politica mondiale    .
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Per chi sia convinto che oggi la questione cruciale per l’Italia è se e come partecipare al processo di integrazione europea, il solo aspetto positivo della congiuntura politica – per molti aspetti drammatica – sta in questo: che ciascuno dei due partiti premiati dagli elettori, M5S e Lega, nella campagna elettorale ha ritenuto necessario azzerare le proprie pulsioni originarie anti-europee. Il capo del M5S è addirittura andato a Bruxelles per accreditarsi come garante della continuità del percorso di integrazione dell’Italia nella UE. Questo consente di affermare quanto meno – e non è poco – che le elezioni non hanno significato una scelta anti-UE degli italiani. Così stando le cose, è giusto che nella prima fase delle consultazioni per la formazione del nuovo governo il Pd rimarchi l’inesistenza di una maggioranza in Parlamento; ma quando questo dato politico sarà stato debitamente verbalizzato, lo stesso Pd si troverà di fronte alla scelta: puntare a un ritorno immediato alle urne, che significherebbe un vero e proprio salto nel buio più pesto, oppure consentire la nascita di un governo che valorizzi quell’unico, ma importantissimo, dato positivo di cui si è detto. A quel punto, il partito che più di tutti gli altri ha posto la scelta europeista al centro del proprio programma, se vorrà evitare il salto nel buio, dovrà manifestare la propria disponibilità a dare l’appoggio esterno a quello degli altri due poli maggiori che sia disposto a porre al centro del programma del nuovo governo il rispetto degli impegni assunti dall’Italia verso la UE e una risposta positiva dell’Italia alla proposta che oggi viene dalla Francia di Macron, già di fatto accettata dalla Germania di Merkel e Schultz. In questo modo il Pd tornerebbe al centro del gioco politico, assumendo il ruolo di ago di una bilancia: quella che pesa l’europeismo reale di ciascuno degli altri due poli. Se poi nessuno dei due poli maggiori accetterà questa condizione posta dal Pd, si vada pure a nuove elezioni: ma a quel punto sarà più chiaro agli elettori chi è a favore della costruzione della nuova Europa e chi no.

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