LAVORO: È STATA DURA, MA ABBIAMO FATTO MOLTO

La vicenda del braccialetto di Amazon offre lo spunto per un bilancio delle riforme varate in questa legislatura – Come è accaduto per tutte le più importanti riforme avversate dalla sinistra nell’ultimo quarantennio, anche il Jobs Act finirà coll’essere rapidamente metabolizzato e accettato dai suoi oppositori più duri


Intervista a cura di Alessandra Ricciardi, pubblicata su Italia Oggi il 15 febbraio 2018 – In argomento v. anche il mio articolo su
lavoce.info Il braccialetto di Amazon: i falsi problemi e quelli veri e la mia intervista al Corriere della Sera Dieci anni in Parlamento: luci e ombre
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Italia Oggi 15II18Alla fine anche la sinistra accetterà il Jobs Act, come è accaduto per tutte le riforme più importanti avversate nell’ultimo quarantennio. Ne è convinto Pietro Ichino, giuslavorista e senatore uscente del Partito democratico, padre spirituale della riforma del lavoro attaccata dalla sinistra di LeU ma anche dai grillini. Ichino interviene a tutto campo sui temi del lavoro, a partire dal caso dei braccialetti per i dipendenti di Amazon: “Non potrànno essere usati per il controllo a distanza del lavoro: il Jobs non lo consente”.

Professor Ichino, il caso dei braccialetti per gli operatori di Amazon ha riacceso le polemiche sul controllo a distanza dei lavoratori. Nel mirino, il Jobs act. Che cosa prevede sul punto la riforma?
La norma del 2015 ha solo escluso la necessità della contrattazione preventiva in azienda per l’utilizzo degli strumenti normalmente “utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”, come il pc, il cellulare, il gps sull’auto.

Perché la norma dello statuto dei lavoratori (articolo4) che vietava espressamente i controlli è stata abrogata?
Non è stata abrogata: la norma del 2015 ha mantenuto il divieto di attivare dispositivi finalizzati direttamente al controllo a distanza. Se dunque il bracciale di Amazon fosse finalizzato a questo, sarebbe vietato oggi, così lo sarebbe stato prima del 2015. La modifica del 2015 è consistita soltanto nell’escludere dal vincolo della contrattazione preventiva gli strumenti ordinari di lavoro, in relazione ai quali la tecnica di tutela non può essere la stessa.

Perché escludere il vincolo della contrattazione preventiva per l’utilizzo degli strumenti come pc o cellulari in uso al lavoratore?
Perché non avrebbe alcun senso imporre alle imprese di negoziare preventivamente con le rappresentanze sindacali l’uso di un cellulare aziendale. Lei è a conoscenza di un solo caso, prima del 2015, in cui un sindacato, in applicazione del vecchio articolo 4 dello Statuto, abbia preteso di contrattare preventivamente l’utilizzo in azienda dei cellulari, dei pc, o dei sistemi di localizzazione satellitare sulle auto? Non è accaduto mai. La riforma ha soltanto aggiornato una norma dettata mezzo secolo fa, quando pc, cellulari e gps erano totalmente sconosciuti.

Qual è, allora, la tecnica di tutela appropriata?
È quella in vigore in tutti i Paesi civili: se il controllo a distanza è di fatto reso possibile da normali strumenti di lavoro come il computer collegato in rete, o il cellulare aziendale, o il gps, la norma vieta all’imprenditore di utilizzare le informazioni che ne derivano per fini inerenti al rapporto di lavoro senza averne dato informazione preventiva al lavoratore.

L’azienda cosa può controllare?
Il contratto di lavoro attribuisce all’imprenditore il diritto di controllare tutto ciò che riguarda l’esecuzione della prestazione e i suoi risultati, ma con alcuni limiti. Innanzitutto, come si è detto, non può installare delle apparecchiature per il controllo a distanza. Inoltre deve essere sempre rispettata la legge sulla protezione dei dati personali. Infine, il controllo non può mai essere svolto in forme incompatibili con la dignità e il benessere psico-fisico della persona che lavora: in particolare non può svolgersi con modalità ossessive, o costrittive.

Che tutela ha la privacy?
Sono rimaste invariate le norme costituzionali sull’inviolabilità della corrispondenza personale; e quelle dello Statuto dei lavoratori relative al divieto di perquisizioni e al divieto di indagini sulla vita privata del lavoratore. A queste si è aggiunto il cosiddetto “Codice della privacy”, in particolare la disciplina della gestione dei data-base aziendali, che tutela ovviamente anche la persona che lavora.

Alla luce delle norme ad oggi in vigore, verificare i tempi della prestazione lavorativa, legando ad essi dei premi di produttività, è consentito?
Questo modello organizzativo, che ricorda il cottimo, non è vietato. Però mi sembra che oggi prevalga nettamente la tendenza a legare i premi di produttività a indici diversi dal puro e semplice tempo di esecuzione di una singola operazione: indici che misurano il risultato complessivo del lavoro di un gruppo, di una squadra, di un reparto o ufficio, o addirittura dell’intera unità produttiva.

Quali sono gli spazi di autonomia del lavoratore nell’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dall’azienda?
Il lavoratore subordinato è, per definizione, assoggettato al potere direttivo dell’imprenditore: deve cioè rispettare le sue direttive nell’esecuzione del lavoro. Direttive che, a seconda dei casi, possono essere generiche o puntuali. All’epoca della fabbrica fordista, questo obbligo di obbedienza investiva ogni movimento dell’operaio. Oggi prevale la tendenza a sostituire quel tipo di lavoro umano con il lavoro delle macchine, mentre alle persone si affidano mansioni nelle quali sono lasciati spazi molto più ampi all’inventiva, all’interpretazione individuale della propria funzione. Però ogni tanto riaffiorano anche forme di neo-fordismo nell’organizzazione del lavoro: come nel caso dei magazzini di Amazon.

Come spiega le polemiche divampate su caso del bracciale brevettato da Amazon?
Lo spiego col fatto che si tratta, appunto, di un bracciale, che ha richiamato alla mente quello utilizzato per fini di polizia giudiziaria; ed è bastato questo perché la reazione quasi unanime sia stata di rifiuto netto e inappellabile del nuovo strumento. Ma il nuovo apparecchio non è stato ideato per il controllo a distanza, bensì per facilitare la scelta degli oggetti sugli scaffali. Certo, se e quando il nuovo apparecchio verrà introdotto in azienda i lavoratori e il sindacato dovranno negoziarne le modalità di uso; ma non tanto per evitare il controllo a distanza, quanto per verificarlo dal punto di vista ergonomico e per dividersi con l’impresa i frutti del guadagno di produttività che può derivarne.

Lei ha condotto una battaglia in parlamento e anche nel partito democratico a favore delle ragioni del Jobs act. Non teme che il Pd nelle urne pagherà caro il prezzo del Jobs act?
Se il Pd perderà dei voti il 4 marzo, non sarà certo per come stanno andando le cose sul fronte del lavoro: in questo triennio l’occupazione è aumentata costantemente; metà di questo aumento si è registrata nel settore del lavoro stabile; nello stesso tempo la probabilità per i lavoratori stabili di essere licenziati è rimasta uguale rispetto ai due decenni precedenti: circa 1,4 licenziamenti ogni cento rapporti regolari ogni anno. Mentre il contenzioso giudiziale in materia di licenziamenti si è ridotto di due terzi.

Ora la riforma è attaccata dalla sinistra da un lato, su questo fronte anche alcuni suoi ex colleghi di partito, e dal M5S dall’altro. Il Jobs Act rischia l’abrogazione?
Nell’ultimo quarantennio ho condotto molte battaglie per l’allineamento del nostro diritto del lavoro ai migliori standard europei: da quella contro il monopolio statale del collocamento, a quella sul part-time, e quella per le agenzie di lavoro temporaneo. Ogni volta sono state battaglie aspre, durate molti anni. Poi, le riforme che ne sono nate sono rapidamente entrate a far parte del nostro tessuto economico e sociale, della nostra cultura; e oggi nessuna forza politica, neanche all’estrema sinistra, propone il ritorno indietro rispetto ad esse. Accadrà la stessa cosa anche con quest’ultima riforma.

Lei è parlamentare da tre legislature e non si è ricandidato a queste elezioni. Dovendo fare un bilancio, qual è un risultato di cui è particolarmente orgoglioso, e quale un obiettivo mancato di cui si rammarica?
Le nuove norme sul rapporto di lavoro nascono per gran parte da un progetto a cui lavoro da vent’anni: di questo sono orgoglioso. Ma di quel progetto faceva parte anche un nuovo sistema di servizi di assistenza ai lavoratori nel mercato del lavoro centrato sulla cooperazione tra Centri per l’Impiego e operatori privati, retribuiti mediante appositi voucher: gli “assegni di ricollocazione”; sull’attuazione di questa parte della riforma si sta registrando un ritardo inaccettabile.

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