Pur con i suoi errori e difetti, è il solo ad avere posto al centro della propria iniziativa, insieme al processo di integrazione europea, una questione costituzionale ineludibile; e ha il merito di avere reso produttiva una legislatura che pareva nata morta
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Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 469, 12 febbraio 2018 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 5 febbraio, Il M5S e la volatilità della sua “buona politica”, e quello del 22 gennaio,
Il cedimento di Forza Italia alla Lega e la posta in gioco del 4 marzo .
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All’indomani delle ultime elezioni politiche, nel 2013, la XVII legislatura sembrava nata morta: non si riusciva a fare il nuovo governo, né a eleggere il nuovo Capo dello Stato. A salvarla è stato il Pd di Renzi. Che ha, sì, la colpa di avere perso il referendum costituzionale; ma ha pur sempre il merito di aver posto con forza la questione di una riforma costituzionale della quale oggi più che mai si sente la necessità. Devono dargliene atto anche molti di coloro che hanno votato “no”, ma sono convinti che una riforma costituzionale in quella direzione sia indispensabile. Sono stati, inoltre, i Governi Renzi e Gentiloni a promuovere, in condizioni parlamentari proibitive, una serie di riforme legislative che fanno di questa XVII una delle legislature più produttive dell’Italia repubblicana. Per ricordare solo le più importanti: le unioni civili, il biotestamento e il “divorzio breve”, tre leggi delle quali si era discusso per più di vent’anni senza risultati; il cosiddetto Jobs Act, che ha completato l’armonizzazione del nostro diritto del lavoro rispetto agli standard europei; il REI-reddito d’inclusione, che ha dotato finalmente il Paese di uno strumento moderno contro la povertà; la riforma delle banche popolari e la riscrittura integrale del diritto fallimentare, due leggi molto importanti sul piano economico, anch’esse attese da almeno vent’anni; la fondazione di una politica europea sull’immigrazione della quale si è detto da più parti che con essa l’Italia ha salvato l’onore dell’UE; la responsabilizzazione dei dirigenti degli istituti scolastici. È infine alla linea tenuta per tutta questa legislatura dal Pd che dobbiamo il mantenimento dell’Italia sul sentiero molto stretto imposto, su di un versante, dalla necessità di riportare l’economia nazionale alla crescita, sull’altro dalla necessità di rispettare i vincoli di bilancio che l’appartenenza alla UE ci impone. Su ciascuno di questi terreni M5S, Lega e FI hanno sempre remato contro.