È al tempo stesso un luogo sacro per Israele, per i musulmani e per i cristiani: la pretesa di ridurla a una sola di queste cose può solo generare offesa e tradire il motivo stesso per cui è considerata “città santa” dalle tre grandi religioni
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Editoriale telegrafico di Michele Serra, tratto dalla sua rubrica L’Amaca pubblicata su la Repubblica il 23 gennaio 2018 – In argomento v. anche un mio intervento di dieci anni or sono: Obama, Israele e i Palestinesi .
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Per quanto se ne sappia, ovvero al netto delle forzature storiche, degli auspici nazional-confessionali, delle congetture tendenziose, Gerusalemme non è la capitale di Israele, come ha detto alla Knesset con studiata arroganza il vicepresidente americano Pence. Per altro, Gerusalemme non è la capitale della Palestina, come recitava nella stessa occasione il cartello inalberato da un furibondo deputato arabo-israeliano. Infine NON È la città santa dei cristiani, sede del Santo Sepolcro, per riconquistare il quale vennero indette quelle animose guerre di rapina dette Crociate. Perché Gerusalemme non è nessuna di queste tre cose? Perché è queste tre cose insieme, ed è proprio la sua natura totalmente ibrida a impedire che una sola delle tre identità possa essere affermata senza offendere o negare le altre due.
Il giorno (remoto) in cui l’umanità dovesse rincivilire, Gerusalemme dovrebbe essere finalmente sottratta all’odio confessionale e nazionalista e nominata “città del mondo”, con statuto speciale e sotto la sovranità (armata) delle Nazioni Unite, tenendo a bada, come si fa con le mute rabbiose, le falangi che se la contendono. Lo capirebbe anche un bambino, che se una cosa è “di molti” non può essere di uno solo. Ma gli uomini sono molto peggio dei bambini. questo Pence, così come il suo capo, non sa quello che dice, e se lo sa è un puro latore di guerra.