Mentre i parlamenti francese e tedesco pongono le basi degli Stati Uniti d’Europa, non solo il M5S ma anche il Centro-destra guidato da Berlusconi propongono l’autoesclusione dell’Italia da questo processo costituente
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Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 466, 22 gennaio 2018 – In argomento v. anche l’articolo di Enrico Morando e Giorgio Tonini sul Foglio del 19 gennaio e il fondo di Sergio Fabbrini sul Sole 24 Ore del 21 gannaio; numerosi altri interventi e documenti su questo tema sono raccolti nel portale Il nuovo spartiacque della politica mondiale .
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Oggi, 22 gennaio 2018, i parlamenti francese e tedesco approvano un documento congiunto sulla nuova UE. Sulla scia del discorso di Emmanuel Macron alla Sorbona, il nuovo progetto muove dal presupposto che sulla sicurezza, l’ecologia e il clima, i flussi migratori e il controllo dei confini, la crescita economica e dell’occupazione, il commercio internazionale, la stabilità del sistema bancario, su tutti questi temi il livello di governo continentale non costituisce un’opzione possibile, ma una necessità imposta dai fatti. Francia e Germania, dunque, aprono il cantiere di una nuova Europa cui riconoscono la “sovranità necessaria”. E l’Italia? Per partecipare direttamente alla costituzione di questo primo nucleo della nuova UE, il nostro Governo si accinge a stipulare con quello francese un accordo che Emmanuel Macron definisce “complementare con quello franco-tedesco”. Cosa più che opportuna, se vogliamo far sì che su questioni delicatissime, come quella dei flussi migratori e quella bancaria, in questa fase costituente gli interessi del nostro Paese siano tenuti nel debito conto. Ma sulla partecipazione dell’Italia a questo processo pesa un’ipoteca grave: dei tre poli principali della politica italiana, ben due – non solo il M5S, ma ora anche il Centro-Destra, egemonizzato dalla Lega – aprono esplicitamente i propri programmi con un “recupero di sovranità dell’Italia rispetto all’Europa”. Che significa non soltanto un arresto del processo di integrazione, ma addirittura un ritorno indietro rispetto alla situazione attuale. E, coerentemente, indicano entrambi un obiettivo di finanza pubblica, il ritorno del deficit al di sopra del tre per cento, radicalmente incompatibile con il nostro rimanere nell’area dell’Euro e con una politica economica espansiva gestita direttamente dalla stessa UE. Se nelle nostre elezioni politiche prevarrà uno di questi due poli oggi all’opposizione, la partecipazione dell’Italia al processo avviato da Francia e Germania subirà un drammatico arresto. Il 4 marzo la scelta è questa: la prosecuzione o la frantumazione sovranista del progetto europeo.