Mentre, in nome dell’Europa, l’SPD di Martin Schulz si sta accordando con il Centro-destra di Angela Merkel, qui da noi gli europeisti Bersani e D’Alema non si accordano neppure con il partito che è stato il loro fino a poco fa
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Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 365, 15 gennaio 2018 – In argomento v. anche il fondo di Sergio Fabbrini Il vero significato delle elezioni del 4 marzo: la sfida tra europeisti e sovranisti; inoltre l’intervista di Giorgio Tonini a RaiNews del 13 gennaio.
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Se fossi convinto che a Pierluigi Bersani e a Massimo D’Alema non importi nulla della partecipazione dell’Italia al processo di costruzione della nuova UE, il loro rifiuto dell’alleanza col Pd non mi dispiacerebbe più che tanto. Anzi, potrei arrivare addirittura a considerarlo un fatto positivo poiché esso contribuirebbe, sul versante del nostro Centro-sinistra, a quella chiarezza sulla scelta politica fondamentale che manca del tutto nel nostro Centro-destra. Li conosco, invece, abbastanza per sapere che sono entrambi convinti profondamente non solo della necessità vitale per l’Italia dell’integrazione in Europa, ma anche dell’importanza della nostra partecipazione da protagonisti al processo di fondazione della nuova UE avviato da Francia e Germania. Se questo è vero, però, la scelta che stanno compiendo ora – cioè quella di preferire la prospettiva della vittoria di un Centro-destra egemonizzato da Matteo Salvini a quella della vittoria di un Centro-sinistra rafforzato dall’apporto del loro partito – mi appare, oltre che molto grave, difficilmente spiegabile. Ma come? In nome dell’Europa l’SPD di Schulz è disposto persino ad accordarsi con i cristiano-democratici di Angela Mertkel, e qui da noi, per evitare un tracollo della partecipazione dell’Italia alla costruzione della nuova Europa, Bersani e D’Alema non sono disposti ad allearsi neppure con il partito in cui hanno militato fino a pochi mesi fa?
È vero che nella base di di “Liberi e Uguali” abbondano i fremiti ostili al processo di integrazione europea; ma queste pulsioni non sembrano essere affatto condivise dai vertici di questa nuova formazione politica: basti pensare che proprio con esigenze attinenti alla politica europea Laura Boldrini ha motivato un orientamento opposto a quello di Bersani e D’Alema sulla questione delle alleanze elettorali. Il fatto è che nelle decisioni dei due ex-Pd il risentimento personale contro l’attuale segretario del Partito democratico è così forte da pesare più del loro europeismo. Liberissimi di coltivare questo risentimento sul piano, appunto, personale; ma come si fa a fondare su di esso una nuova forza politica?
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