BILANCIO DI UNA LEGISLATURA

Occorre riconoscere a Renzi, nonostante i suoi errori, di avere evitato la paralisi, consentendo numerosi passi avanti importanti – Anche le riforme bocciate sono state utili: perché da lì occorrerà pur sempre ripartire

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Editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 463, del 18 dicembre 2017 – In argomento v. anche la relazione di Stefano Ceccanti e le conclusioni di Enrico Morando all’Assemblea nazionale di LibertàEguale, del 3 dicembre scorso       .
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Questa settimana, con l’approvazione del bilancio dello Stato, si chiude di fatto la XVII legislatura. Si era aperta nel segno della paralisi, con una attesa di due mesi prima che si riuscisse ad avere un Governo e persino a eleggere il nuovo Capo dello Stato, poi con i dieci mesi del Governo Letta, inconcludenti sia sul piano della riforma costituzionale, per cui esso era nato, sia su quello della politica economica.

Matteo Renzi e Paolo Gentiloni

Paolo Gentiloni e Matteo Renzi

Anche chi rimprovera a Matteo Renzi le colpe più gravi – e, certo, alcune ci sono state – deve riconoscergli di aver saputo resuscitare una legislatura che sembrava nata morta: dopo un 2013 di inconcludenza totale, i quattro successivi, con i Governi Renzi e Gentiloni, sono stati anni di attività intensa e sempre coerente con l’obiettivo fondamentale dell’integrazione europea. Anni in cui sono cambiate in meglio cose importanti: la riforma del lavoro più incisiva dopo quella del 1970, salutata dagli osservatori stranieri qualificati come indispensabile allineamento ai migliori standard dell’occidente industrializzato; il REI-reddito d’inclusione, per dotarci di uno strumento moderno contro la povertà; la riforma delle banche popolari; la riscrittura integrale del diritto fallimentare; la fondazione di una politica europea sull’immigrazione (*);  la responsabilizzazione dei dirigenti degli istituti scolastici; le unioni civili; il divorzio breve; il biotestamento; e diverse altre ancora. Ma vanno messe nel conto anche le riforme che sono state bocciate dal referendum del dicembre 2016 o dalla Consulta: la riforma elettorale del 2015 con il ballottaggio (di cui ora sentiamo la mancanza in modo bruciante), la riforma costituzionale nel senso del monocameralismo, con la soppressione delle province e del CNEL, la riforma della dirigenza pubblica. Bocciate, sì; ma non inutili: perché è dalle intuizioni da cui esse sono nate che occorrerà pur sempre ripartire, se vorremo evitare che la politica italiana ritorni nella palude in cui si era impantanata all’inizio di questa legislatura.

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(*) Dal discorso di Jean-Claude Juncker sullo stato dell’Unione Europea del 13 settembre 2017:
“[…] Non posso parlare di migrazione senza rendere un omaggio sentito all’Italia per il suo nobile e indefesso operato. Durante l’estate la Commissione ha lavorato in perfetta armonia con il Presidente del Consiglio italiano e amico Paolo Gentiloni e con il suo governo per migliorare la situazione. Così abbiamo fatto e così continueremo. Perché l’Italia sta salvando l’onore dell’Europa nel Mediterraneo. […]”

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