Un piccolo episodio mostra come la sovranità del Parlamento sul bilancio statale sia incisivamente erosa dal potere degli apparati ministeriali
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 461, 4 dicembre 2017 – Sulla discussione in Senato del disegno di legge di bilancio 2018 v. anche il primo editoriale telegrafico – Sulle vicende della sperimentazione dell’assegno di ricollocazione v. le quattro interrogazioni presentate al ministro del Lavoro nell’arco del 2014, raccolte nel portale Il contratto di ricollocazione .
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Nel primo editoriale telegrafico ho parlato dell’afonia del Parlamento sulle grandi scelte economico-finanziarie proposte dal Governo con il disegno di legge di bilancio. Lo stesso Parlamento appare molto più tonico, invece, sulle briciole della spesa publica, dove gli appetiti particolari si scatenano molto più che sui grandi flussi. La cosa curiosa e poco nota, però, è che molte delle briciole di spesa strappate da questo o quel parlamentare finiscono per non essere spese affatto: sono destinate a diventare dei “residui passivi”, a cui si attinge per le nuove spese impreviste decise (altrove) in corso d’anno. Ne ho fatto personalmente diretta esperienza. Alla fine del 2013, quando si aperse la discussione sul bilancio 2014, con un gruppo di altri senatori decisi di dare battaglia su di un emendamento che stanziava 50 milioni per l’avvio della sperimentazione dell’assegno di ricollocazione: il voucher assegnato a ciascun disoccupato per consentirgli di scegliersi l’operatore specializzato da cui farsi assistere per ritrovare un lavoro. Fu una battaglia dura, perché le resistenze contro l’idea del coinvolgimento delle agenzie private in quella funzione erano fortissime; ma alla fine la spuntammo: quell’emendamento divenne il comma 215 della finanziaria 2014 e io provai l’ebbrezza di avere contribuito a questo investimento iniziale sulle politiche attive del lavoro. Nel giro di un anno, però, dovetti constatare come e quanto più del Parlamento possa l’apparato ministeriale. Il quale nel caso specifico ottenne l’abrogazione di fatto di quella norma, semplicemente disapplicandola: riuscì infatti a impedire la sperimentazione dell’assegno di ricollocazione, della quale si sarebbe ricominciato a parlatre soltanto due anni dopo. Da allora ho smesso di appassionarmi alla consueta battaglia parlamentare di fine anno sugli emendamenti (marginali) alla legge di bilancio: la politica che conta davvero non si fa lì.
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