LA SOLA CURA RADICALE DEI MALI DEL MERCATO DEL LAVORO È L’AUMENTO DELLA DOMANDA E IL MIGLIORAMENTO DELL’OFFERTA

L’aumento della domanda di manodopera può venire soltanto da un aumento della somma di investimenti e consumi; e in Italia oggi questo aumento deve essere perseguito principalmente coll’allineare la capacita del Paese di attrarre investimenti stranieri alla media europea

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Lettera pervenuta il 24 novembre 2017 –  Segue una mia breve risposta
In argomento v. anche “Come si fa a definire ‘stabile’ un posto di lavoro dal quale si può essere licenziati in qualsiasi momento?”   .

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Gentile senatore, con riguardo alla sua nota sull’articolo 18, vale forse ricordare che la sua riconferma attiene al campo dei diritti di base dell’uomo piuttosto che al mercato del lavoro. Nessuno tra quelli che sostengono la ripresa della discussione pensa che la sua abolizione abbia creato posti di lavoro e che la sua reintroduzione li distrugga.

Il mito del posto fisso

Il mito del posto fisso

Il punto è semplice. Si tratta di dichiarare di nuovo, specialmente in questo momento storico, che il lavoro è un diritto; in quanto tale, non è scambiabile con un compenso monetario. La questione è molto seria e ha effetti diretti sulla ripresa dello sviluppo economico. Oggi preziose risorse umane sono incredibilmente sfruttate, come sudditi, piuttosto che cittadini; non hanno più modo di contribuire alla economia del Paese. Non mi riferisco a quanti lavorano a ore nei mestieri più disparati (es.  la distribuzione delle merci), ma a ingegneri o architetti o avvocati che hanno master e parlano correntemente lingue e lavorano a cottimo su prodotti e servizi per i quali neanche sanno quanto e quando verranno pagati, ma per i quali la data di consegna è chiarissima.

Che dire poi delle partite iva obbligatorie per avere un lavoro a chiamata, come per i medici dei pronto soccorso a 7 euro lordi l’ora? Ancora peggio per figure professionali che, a torto, richiedono minore qualificazione come le maestre di scuola. Anche dopo aver vinto nel famoso concorsone nei primi 500 posti di (sicura) collocazione, si mettono in macchina la mattina presto sperando nella telefonata che le chiama per una supplenza di li a mezz’ora dall’altra parte di Roma.  A volte arrivano pure in sovrannumero e alcune tornano a casa. Come interpretare poi tutto questo di fronte al costo ingiusto degli obblighi di legge e ai disservizi? Un giovane laureato che è nella necessità di comprarsi un ciclomotore per recarsi al lavoro entra per legge in categoria 14 di bonus malus e paga € 1.200 di sola responsabilità civile. Potrebbe prendere i mezzi di superficie ma impiegherebbe in modo aleatorio almeno 3 ore della sua giornata per il solo spostamento. Una semplice Snc costa oltre  €3.000 solo di notaio, ogni atto ad essa relativa almeno € 1.000, senza ancora aver pagato il commercialista e la camera di commercio. Tutte risorse sottratte alla economia di una famiglia, alle cure, ai figli, alla scuola e tanto altro ancora.

Questo meretricio del lavoro si traduce nello svilimento della dignità dell’essere umano e quindi è causa portante del regresso del Paese e non del suo sviluppo perché osta la distribuzione della ricchezza, favorisce le diseguaglianze, rinforza i privilegi e, ciò che più sgomenta, irrobustisce le multinazionali e le lobby.  Il grande archeologo Vere Gordon Childe riconduce la caduta dell’impero romano anche al collasso del mercato interno del mondo governato a causa della enorme quantità di schiavi che, pur producendo, erano di peso all’economia perché non cittadini. Anche Ford aveva capito che la dignità dei suoi operai sarebbe stata la prima causa dello sviluppo delle sue industrie. I tempi sono diversi e non sono più neanche quelli di Adriano Olivetti, ma di sicuro non penso che si possa favorire lo sviluppo negando i diritti.

Mi farebbe piacere conoscere il suo parere a questo proposito.

Michele Faberi

Su di un punto do ragione a M.F.: abolizione e reintroduzione dell’articolo 18 non hanno il potere di determinare direttamente e immediatamente né aumenti né riduzioni dell’occupazione: richiamo in proposito quanto ha scritto ancora molto di recente Luca Ricolfi. Però sostenere che il contenuto dell’articolo 18 corrisponda a un diritto fondamentale della persona umana non è proprio possibile, perché una delle caratteristiche essenziali dei diritti fondamentali è costituita dalla loro universalità; e invece l’articolo 18 non esiste in alcun altro Paese al mondo. Viceversa, l’allineamento del nostro diritto del lavoro rispetto agli standard dei principali Paesi dell’Occidente industrializzato può, eccome, favorire l’apertura del nostro Paese agli investimenti stranieri, così favorendo indirettamente – anche se, certo, non istantaneamente – l’aumento della domanda di lavoro e la crescita economica. Contro i mali descritti da M.F. non c’è bacchetta magica legislativa che possa essere davvero efficace, finché la domanda di lavoro non aumenta: la sola vera cura è costituita da un aumento della domanda aggregata (cioè della somma di consumi e investimenti), da cui derivi un robusto e duraturo aumento dell’occupazione, con il conseguente aumento del potere contrattuale dei lavoratori. Per ottenere questo, in una situazione nella quale lo Stato non è in condizione di poter investire direttamente nell’economia – non abbiamo altra ricetta che quella di rendere il Paese più attrattivo per gli investimenti stranieri: dunque ridurre la pressione fiscale su imprese e lavoratori, ridurre la differenza del costo dell’energia tra l’Italia e il resto d’Europa, rendere più efficienti le amministrazioni pubbliche e in primo luogo la Giustizia, combattere più efficacemente l’evasione fiscale e la criminalità organizzata, rendere il nostro mercato del lavoro più capace di mettere a disposizione delle imprese le persone dotate delle competenze necessarie migliorando i servizi scolastici e di formazione professionale. Se saremo capaci di allineare la capacità dell’Italia di attrarre investimenti stranieri alla media UE, questo significherà avere ogni anno un flusso aggiuntivo di circa cinquanta miliardi di investimenti, capaci di portare con sé centinaia di migliaia di posti di lavoro. Certo, però, per questo occorre abbandonare l’atteggiamento pregiudizialmente ostile nei confronti delle multinazionali che ha caratterizzato il nostro Paese, sia a destra sia a sinistra, per tutti i decenni passati.    (p.i.)

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