Rispondo: se la frequenza dei licenziamenti è rimasta inalterata dopo la riforma, come si fa a parlare di “precarizzazione” del lavoro? Come si può sostenere che siano “precari” molte centinaia di milioni di lavoratori europei e americani assunti a tempo indeterminato senza protezioni del tipo dell’articolo 18?
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Lettera pervenuta il 21 novembre 2017, in riferimento alla mia intervista al Corriere Fiorentino su L’ossessione dell’articolo 18, del 18 novembre – Seguono la mia risposta, una replica dello stesso lettore e una mia breve controreplica – La mia risposta e la mia controreplica sono evidenziate in carattere corsivo e colore blu .
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Buonasera. A proposito di ossessione per l’articolo 18, ma come fa a definire stabile un posto di lavoro dal quale puoi essere licenziato in qualunque momento ? L’art. 18 consentiva di conservare un po di dignità nel posto di lavoro. Voglio vedere come fanno le persone di quasi 60 anni che possono essere licenziate per i molti motivi che lei sa (legge Fornero e jobs act) a ritrovare lavoro (con l’età pensionabile che si allontana sempre di più, con il suo plauso naturalmente). Ma dimenticavo c’è il risarcimento… che dovrà servire a coprire i 6/7 anni che separano dalla pensione. Ma dimenticavo anche che per lei quelli che perdono il posto di lavoro a quell’età sono delle nullità e quindi vanno punite. Saluti
Lodovico Rubini
Se la frequenza dei licenziamenti è rimasta inalterata, fra l’1,4 e l’1,5 per cento annuo rispetto ai posti di lavoro a tempo indeterminato, costituiti sia prima sia dopo il 7 marzo 2015, questo significa che la “precarizzazione” di cui Lei parla non si è verificata affatto. Per altro verso, se la sanzione della reintegrazione a discrezione del giudice costituisse davvero il requisito essenziale per “conservare un po’ di dignità nel posto di lavoro”, questo significherebbe che 300 milioni di lavoratori europei a tempo indeterminato, e altri 200 nord-americani, stanno tutti lavorando in condizioni non dignitose. Le sembra plausibile? Quanto ai lavoratori anziani, osservo che essi sono quelli che hanno più beneficiato delle misure adottate negli ultimi anni, in termini di tasso di occupazione: non mi sembra davvero che costituiscano la frazione di forza-lavoro della quale dobbiamo preoccuparci di più in questo momento. (p.i.)
Ritengo che una buona parte dei 500 milioni di lavoratori che lei menziona lavorano con l’assillo di poter perdere il posto di lavoro. Io mi preoccupo di queste persone, poi ci sono quelli come Lei che non hanno nessun problema, e probabilmente siete la maggioranza e siccome la solidarietà non è più un concetto condiviso da molti, ci ritroviamo in questa situazione. Nella sua risposta mi sta dicendo che un lavoratore di 60 anni può essere licenziato senza problemi perché ha usufruito di benefici e quindi non ve ne dovete preoccupare (Conosco la sua tiritera sui giovani che stanno male per colpa di noi anziani, ed è un concetto che mi lascia basito ed è incredibile che lei riesca a venderlo).Le comunque ricordo che questi benefici sono stati ottenuti in molti casi con lotte e sacrifici.
Lodovico Rubini
La sicurezza dei lavoratori, nell’era della globalizzazione, non può più essere perseguita con gli stessi strumenti che si usavano all’indomani della prima rivoluzione industriale, nell’epoca del mercato monopsonistico. (p.i.)
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