Cesare Damiano, sinistra Pd, e Maurizio Sacconi, rientrato in FI, convergono su di un grande obiettivo bi-partisan: smontare la riforma Fornero delle pensioni
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Terzo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 456, 28 ottobre 2017 – In argomento v. anche l’articolo di Elsa Fornero Pensioni e Costituzione: lo spirito della Carta impone l’equità tra le generazioni .
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Abbiamo tre milioni di poveri cui non riusciamo a dare un sostegno. Ci mancano le risorse per l’indispensabile ristrutturazione e potenziamento delle politiche attive del lavoro. Il nostro cuneo fiscale e previdenziale sulle retribuzioni è il più pesante d’Europa. I giovani di oggi sono a grave rischio di ricevere in futuro pensioni da fame. Eppure qual è la questione sociale considerata più grave e urgente dai presidenti delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato, Damiano e Sacconi? Bloccare urgentemente il meccanismo di adeguamento dell’età del pensionamento alle aspettative di vita degli italiani, che la legge Fornero ha molto opportunamente istituito sei anni fa. In concreto: impedire che dal 2019 i sessantaseienni debbano attendere cinque mesi in più per andare in pensione. Ora sia ben chiaro: che il minatore, o la maestra d’asilo, o il muratore che lavora sulle impalcature, non debbano essere costretti a lavorare fino ai 67 anni di età è ovvio; per questo abbiamo istituito il meccanismo dell’anticipo pensionistico “sociale”, cioè a carico dello Stato, destinato appunto a consentire il pre-pensionamento alle categorie che ne hanno veramente bisogno. Dove occorre, potenziamo quel meccanismo; se necessario allarghiamolo. Ma perché mai dovremmo considerare come un’emergenza sociale di urgenza assoluta il fatto che dall’anno prossimo l’impiegata comunale o il commesso del supermercato debbano andare in pensione a 67 anni invece che a 66 e mezzo? Ma si rendono conto questi due ex-ministri del lavoro di quanto costerebbe all’Italia, in termini non solo di spesa pensionistica ma soprattutto di credibilità, quindi di maggiori interessi sul suo enorme debito pubblico, allentare uno dei bulloni fondamentali della riforma che un’altra ministra del lavoro – per fortuna degli italiani, soprattutto dei più giovani – a differenza di loro due ha avuto la capacità e il coraggio di condurre in porto?
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