PERCHÉ HO VOTATO SÌ A QUESTA RIFORMA ELETTORALE (ANCHE SE NON MI ENTUSIASMA AFFATTO)

Visto il risultato caotico delle sentenze della Corte costituzionale, il Parlamento aveva il dovere di dare al Paese un sistema elettorale dotato di una sua coerenza, e di cercar di farlo con un voto bi-partisan: il risultato raggiunto ha  molti difetti, ma è comunque molto meglio di quanto ci lasciamo alle spalle

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Lettera di una frequentatrice del sito, 26 ottobre 2017, scelta tra le molte altre pervenute in questi giorni sullo stesso tema – Segue la mia risposta, che è ovviamente riferita collettivamente a tutte
– In argomento v. anche l’editoriale telegrafico Una toppa (imperfetta) sul buco lasciato dalla Corte costituzionale; inoltre il post di Carlo Fusaro, costituzionalista nell’Università di Firenze, Chi ha votato “no” al referendum non ha titolo per criticare questa legge elettorale     .
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Caro senatore Ichino, seguo sempre con attenzione attraverso la sua Newsletter, e per lo più con condivisione e apprezzamento, la sua attività parlamentare. Questa volta, però, non ho capito perché lei, da sempre sostenitore del sistema uninominale maggioritario, non abbia espresso il suo dissenso sulla legge elettorale approvata dalla Camera, nella quale il sistema uninominale, a ben vedere, non si applica neanche per il terzo di seggi che viene eletto apparentemente con quel sistema: perché, essendo escluso il voto disgiunto tra proporzionale e uninominale, è evidente che il voto degli elettori sarà quasi sempre un voto alla lista, al partito, e non sulla persona del candidato.news_img1_69117_senato-italicum-600x336 Conoscendo ormai il suo criterio (rispetto della disciplina di gruppo nel voto, ma piena libertà di manifestazione del suo pensiero, anche se discordante con la linea del partito), mi sarei aspettata una sua presa di posizione di marcato dissenso rispetto a questo disegno di legge. La saluto cordialmente
Carmela Brondi

Rispondo a questa lettera e, insieme, ai molti frequentatori di questo sito che mi chiedono i motivi del mio voto favorevole alla nuova legge elettorale, già approvata dalla Camera. È presto detto: senza questa riforma – che, proprio per i motivi indicati da C.B., non mi entusiasma affatto – a marzo saremmo condannati a votare con due leggi, una per la Camera e una per il Senato, molto diverse tra loro, dalle quali nascerebbero due rami del Parlamento composti in modo notevolmente diverso: premessa per una sicura paralisi. Per il Senato, per di più, saremmo costretti a votare con le preferenze, in venti collegi coincidenti con le venti regioni, nei quali potrebbero vincere soltanto candidati ricchissimi o sorretti da lobbies potenti: basti pensare che, per esempio, in Lombardia al povero candidato inviare una lettera a ciascuno degli otto milioni di elettori costerebbe mezzo milione di euro. Le due leggi elettorali oggi vigenti sono il frutto delle modifiche imposte da una Corte costituzionale evidentemente incapace di rendersi conto del risultato caotico delle proprie sentenze, incompatibile con il funzionamento di un sistema democratico; guai se agli errori della Consulta si aggiungesse l’incapacità del Parlamento di dare al Paese un sistema elettorale che abbia un minimo di coerenza. Il Parlamento, invece, ci è riuscito: dopo ben tre tentativi, è arrivato alla convergenza di larga parte della maggioranza e larga parte dell’opposizione su di un disegno di legge presentabile: in un sistema politico ridotto come il nostro attuale a una maionese impazzita, questo risultato non è affatto disprezzabile. Certo, il risultato di questo accordo bi-partisan ha molti difetti; ma ne ha molti meno rispetto al risultato degli interventi della Consulta sulle leggi pre-vigenti. E comunque sarà molto più facilmente correggibile domani, di quanto sarebbe stato correggere le due leggi prodotte dalla Consulta, in un Parlamento eletto secondo quelle due leggi.   (p.i.)

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