A un anno dal referendum del 4 dicembre, le fibrillazioni di partiti e istituzioni hanno l’effetto di disorientare ulteriormente un’opinione pubblica già abbastanza disorientata
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Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 456, 28 ottobre 2017 – In argomento v. anche Paradossi di fine legislatura – 2 e l’editoriale telegrafico del settembre scorso Se M5S e FI si rassegnano al “Governo del Presidente” .
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Abbiamo al tempo stesso un Presidente del Consiglio espressione del Partito democratico, e un segretario del Partito democratico che propone per la prossima legislatura politiche di segno opposto a quelle attuali del Governo. Un gruppo Pd al Senato che sostiene la linea del Governo, un gruppo Pd alla Camera che la avversa. Mentre le due maggiori forze di opposizione – M5S e Lega – stanno abbandonando le posizioni anti-europeistiche degli anni passati, metà del Pd, con il suo segretario, sembra inspiegabilmente sposare la linea del “ritorno a Maastricht”, cioè di un raddoppio del deficit, che significherebbe di fatto l’uscita dell’Italia dall’UE. La stessa Lega che negli anni scorsi si è opposta alla riforma costituzionale del 2016, fondata su autonomie regionali “a geometria variabile” concordata tra Governo e singole Regioni secondo le diverse situazioni, oggi promuove il referendum lombardo-veneto che punta esattamente allo stesso risultato. Dal canto loro, gli stessi ex-Pd, ora MPD, che nel 2016 hanno dato un contributo decisivo all’affossamento della riforma costituzionale, denunciandola come “autoritaria”, oggi rimproverano al Pd di promuovere la legge elettorale Rosato, perché non garantirà la governabilità. Sempre in tema di legge elettorale, una norma vecchia e superata della nostra Costituzione prevede ancora una netta differenza tra sistemi di voto per Camera e Senato, che oggi tutti concordano debba essere evitata; ma 60 elettori su cento hanno votato per conservare quella norma. Per correggere un eccesso di differenza tra i due sistemi, la Corte costituzionale ha riscritto le leggi elettorali per Camera e Senato producendo una disciplina elettorale inapplicabile, quindi ancor più incostituzionale di quella vigente prima delle modifiche. Per fortuna il Parlamento ha saputo, bene o male, rimediare.
Non ci si deve stupire se, così stando le cose, gli italiani si sentono disorientati e molti perdono fiducia nelle istituzioni e nella politica. Il solo motivo di ottimismo è dato dall’appartenenza dell’Italia all’UE, che nessuno dei soggetti qui menzionati – al di là delle chiacchiere elettoralistiche – è davvero in grado di mettere in discussione.
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