CHE FINE HANNO FATTO 134 MILIONI DI ORE DI LAVORO OCCASIONALE?

Se con la nuova disciplina ne è rimasto (visibile) soltanto l’1%, e se deve escludersi che l’altro 99 per cento si sia trasformato in lavoro ordinario, deve ritenersi che esso si sia trasformato o in lavoro nero, o in non lavoro – Ciò dovrebbe indurre il legislatore quanto meno a tornare a consentire alle imprese il ricorso al lavoro intermittente

.
Lettera pervenuta il 13 settembre 2017 – Segue la mia risposta al passaggio della lettera in tema di disciplina del lavoro occasionale e del lavoro intermittente – In argomento v. anche il mio intervento del 19 aprile scorso in Senato nella discussione sull’abrogazione della vecchia disciplina dei buoni-lavoro
.
.

Caro professore,

ho letto con crescente entusiasmo la sua relazione per il convegno di Torino e mi auguro che essa serva a dare la sveglia a tutti i filistei della cultura (bildungsphilister) e a tanti, troppi suoi colleghi che ancora si attardano su garantismi belli ma, oramai, impossibili per tutti, non meno che agli stessi avvocati, che continuano a gingillarsi con le tariffe professionali minime (con buona pace delle autorità di difesa della concorrenza); salvo l’ossequio finale alla inderogabilità.

piattaforme

Ho visto finalmente scritte le verità che tutti nascondono per continuare ad esercitarsi in esegesi bizantine di testi che nulla più dicono ai lavoratori veri e sono sostanzialmente disattesi dagli operatori che fingono di applicarne i dettami: mi riferisco alle mummie del diritto del lavoro, con cui necrofiliacamente conviviamo, quali contratto collettivo nazionale, categoria merceologica, classificazione del personale (inquadramento unico, parametri, ecc.).

Tuttavia, data la sua qualità politica, oltre che scientifica, mi chiedo perché non si faccia, quanto meno, promotore di una liberalizzazione del contratto intermittente, che era attesa e auspicata all’atto dell’assassinio dei vecchi voucher e anche di questa voucherizzazione della retribuzione in qualunque contratto, con quella retribuzione minima universale, ovviamente non legata ai contratti collettivi ma stabilita amministrativamente, che manca.

Con l’occasione, anche in relazione alle idee che sto cercando di sviluppare, le chiedo se, per le piattaforme o anche in generale, ci si potrebbe ricordare dell’art.2099 c.c. quando parla della retribuzione a cottimo e del successivo art.2100 che definisce “obbligatorio” il cottimo “quando, in conseguenza dell’organizzazione del lavoro, è vincolato all’osservanza di un determinato ritmo produttivo, o quando la valutazione della sua prestazione è fatta in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione”.

Questa mi sembra una mummia che meriterebbe di essere estratta dal sarcofago in cui il sindacato, con l’avallo delle rappresentanze imprenditoriali, l’ha confinata da decenni e di essere restaurata.

Cordialmente

Antonio Maria Orazi

Nel 2015 con il d.lgs. n. 81/2015 venne dettata una disciplina fortemente restrittiva del contratto di lavoro intermittente,  frutto di un compromesso all’interno della maggioranza, come contrappeso rispetto all’ampliamento dei limiti di utilizzazione dei voucher per il lavoro occasionale. Per farsi un’idea del contenuto di quella disciplina, si pensi che con questo contratto si possono ingaggiare solo giovani fino a 24 anni o ultracinquantacinquenni; e che l’elenco delle attività per cui essa consente di utilizzare il contratto di lavoro intermittente è quello contenuto nella tabella allegata al Regio Decreto 2657 del 1923 (quasi un secolo fa!). Quando due anni dopo si è tornati a limitare drasticamente anche il lavoro occasionale pagato con i voucher, vietando del tutto di avvalersene alla grande maggioranza delle imprese, logica avrebbe voluto che almeno si rimuovessero le restrizioni in materia di lavoro intermittente. Per questo obiettivo mi sono battuto in Parlamento, con l’elaborazione insieme all’on. Irene Tinagli e presentazione sia alla Camera sia al Senato di un emendamento aggiuntivo al d.-l. n. 50/2017, che tra l’altro prevedeva appunto un ritorno alla disciplina del lavoro intermittente precedente al 2015; senonché questa parte dell’emendamento è stata respinta. La questione, però, deve considerarsi ancora del tutto aperta. Anche in considerazione del fatto che dei 134 milioni di ore di lavoro pagate con i voucher nel corso del 2016, a seguito della nuova disciplina restrittiva sembra essersi salvato all’incirca l’uno per cento. Poiché deve escludersi che l’altro novantanove per cento si sia trasformato in lavoro a ordinario, deve ritenersi che esso si sia trasformato o in lavoro nero, o in non lavoro: in entrambi i casi con un danno rilevante sia sul piano sociale, sia su quello economico generale, sia su quello del bilancio pubblico. La realtà è che dall’aprile scorso le imprese non hanno più alcun modo di far fronte alle esigenze di lavoro occasionale, se non facendo ricorso alla somministrazione o a contratti ordinari a tempo determinato: in entrambi i casi con costi di transazione del tutto sproporzionati rispetto alla durata della prestazione, che può essere anche solo di poche ore o pochi giorni. Tutto questo per dire che concordo pienamente con la sollecitazione contenuta nella lettera di A.M.O. evidenziata in grassetto, e resto impegnato in Parlamento per una soluzione positiva di questo problema.     (p.i.)

 

 

Stampa questa pagina Stampa questa pagina

 

 
 
 
 

WP Theme restyle by Id-Lab
/* */