Ha più prospettive di crescita un’Italia isolata dal processo di integrazione europea, che punta sull’aumento ulteriore del proprio debito già enorme, o un’Italia protagonista di quel processo e inserita in un progetto di sviluppo continentale?
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Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 445, 12 luglio 2017 – Numerosi altri documenti e interventi sul carattere cruciale della questione europea per qualsiasi scelta politica in qualsiasi Paese del vecchio continente sono reperibili nel portale Il nuovo spartiacque della politica mondiale
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A Renzi vanno riconosciuti molti meriti; soprattutto quello di non accontentarsi del piccolo cabotaggio. Quando però dice una sciocchezza, chi glielo dice chiaro e tondo gli fa un servizio prezioso. E l’idea da lui proposta ultimamente di tornare per cinque anni a un deficit pubblico del tre per cento o poco meno, sia pure al fine apprezzabilissimo di abbassare le tasse, è proprio una sciocchezza. Lo è innanzitutto sul piano economico-finanziario, perché aumentare il nostro debito pubblico di un altro (3 x 5 =) 15 per cento rispetto al P.I.L. mette a rischio l’affidabilità dell’Italia sul piano finanziario ed è comunque una cattiva azione verso i nostri figli e nipoti. Il piano quinquennale, o meglio ancora decennale, di cui avremmo bisogno è semmai quello delle dismissioni di patrimonio pubblico che consentano di incominciare finalmente a ridurlo, il nostro debito. Ma l’idea di rinunciare all’obiettivo del pareggio strutturale di bilancio è sbagliata soprattutto sul piano politico. Perché a Bruxelles nei prossimi mesi verrà messo a punto un progetto che nasce anche dalle nostre idee e proposte e che prevede, insieme ad alcune altre cose molto importanti, l’attivazione di una politica economica propria dell’UE, con l’istituzione di un ministro del bilancio europeo cui competerà anche di finanziare una politica incisiva di investimenti pubblici. Partecipare a questo progetto – tanto ambizioso quanto indispensabile – implica accettare che la politica economica espansiva sia l’Unione a svolgerla, mentre agli Stati membri spetta, come in ogni sistema federale, di assicurare l’equilibrio dei rispettivi bilanci. La nostra crescita economica può promuoverla meglio un’Italia isolata dall’Europa, con l’aumento del proprio debito pubblico, o un’Italia protagonista affidabile e in prima fila nel processo di integrazione europea, beneficiaria di un grande progetto di sviluppo continentale finanziato con i nuovi project bonds della UE?
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