Dopo l’introduzione della nuova disciplina dei licenziamenti il numero delle imprese che superano la soglia dei 15 dipendenti è passato da 8.000 a 12.000 al mese: è evidente che è saltato un tappo
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Intervista a cura di Osvaldo Baldacci, pubblicata sul Giornale di Sicilia il 5 luglio 2017 – In tema di immigrazione v. anche Immigrazione: il fact checking dell’ISPI; in tema di effetti del Jobs Act, Lavoro: le riforme fatte e le sfide del futuro prossimo .
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Professor Ichino, nel dibattito sugli immigrati bisogna davvero, come sostiene il presidente dell’Inps, tener conto anche dell’aspetto del sistema pensionistico?
Per effetto del calo demografico l’Italia perde ogni anno 300.000 cittadini, e vede aumentare costantemente la quota di popolazione anziana: basterebbe molto meno per mandare a gambe all’aria il nostro sistema previdenziale. Da questo punto di vista il flusso di nuovi ingressi, che vede circa 3 immigrati su 10, dopo l’ingresso, trovare un lavoro regolare in tempi relativamente brevi, costituisce una benedizione. Certo, l’aumento del flusso di immigrazione ha anche altri impatti, più problematici, o addirittura negativi: per questo esso deve essere regolato e governato. Ma nessuno deve dimenticare l’impatto molto positivo per la sostenibilità delle nostre pensioni.
Giovani e donne restano comunque una categoria debole oggi sul lavoro e lo saranno domani sulle pensioni: come se ne esce?
Per rafforzare la posizione dei giovani nel mercato del lavoro la decontribuzione a loro dedicata, che è ora allo studio del Governo, è certo molto utile; ma sarebbe indispensabile soprattutto un servizio di orientamento scolastico e professionale capillare ed efficiente, che oggi da noi manca quasi del tutto. Per l’aumento del tasso di occupazione femminile, oggi inaccettabilmente basso, occorrerebbe invece una grande “azione positiva” che aiuti a rompere il circolo vizioso.
A quale azione positiva pensa?
Soprattutto a una riduzione sensibile dell’Irpef su tutti i redditi di lavoro femminile, fino a che non si sia portato il tasso di occupazione dal 47 per cento attuale al 60 per cento, che è l’obiettivo per il quale abbiamo preso un impegno vero l’UE a Lisbona nel 2000.
Cosa pensa degli effetti del Jobs Act ad oggi sul mercato del lavoro e di conseguenza sul sistema pensionistico?
L’occupazione non cresce per effetto automatico della pubblicazione di una riforma come questa nella Gazzetta Ufficiale: cresce perché, a seguito di questa riforma, i consigli di amministrazione delle imprese, italiane e soprattutto estere, decidono di investire di più nel Paese e assumere più persone. Ma questo richiede un po’ di tempo. Un primo effetto positivo delle nuove norme, però, è già abbastanza evidente.
A che cosa si riferisce?
Al fatto di cui oggi ci informa il presidente dell’Inps: dopo l’introduzione della nuova disciplina dei licenziamenti il numero delle imprese che superano la soglia dei 15 dipendenti è passato da 8.000 a 12.000 al mese. Un aumento del 50 per cento. Qui appare evidente che è saltato un “tappo”.
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